sabato 24 novembre 2007

borsa

Venerdì 23 Novembre 2007, 21:56


E ora Trappola per Tori?

Di Proiezionidiborsa

Visita il sito di TrendOnline



Il 19 Novembre ( tredicesimo giorno di Borsa aperta di Wall Street ) vi avevamo scritto quanto segue:

In sostanza, pensiamo che oggi, si sono create le condizioni per un Trappola per Orsi e fra il 23 ed il 26 Novembre, si creeranno le condizioni per una Trappola per Tori. Oggi, siamo al sedicesimo giorno di Borsa


Mercato Balordo,che sembra prima dare segnali di Inversione Ribassista,anzi di continuazione ribassista,poi i segnali vengono rimangiati, e di punto in bianco,sembra che si inverta al rialzo. Questi sono Mercati difficili, dove si possono perdere dei soldi e queste sono le Trappole a cui accennavamo giorno 19 Novembre.

Vediamo qual'è la mappa che traccia il nostro Frattale di Wall Street ( Frattale che non si modifica e che abbiamo riportato su queste pagine da oltre un mese )
In sostanza,lo scenario rimane identico a quello delineato, avevamo soltanto dimenticato che ieri le Borse americane sarebbero state chiuse per il Giorno del Ringraziamento.

Cosa dice il Frattale ? Quello che vi abbiamo detto il 19 Novembre :

Rimbalzo fino al diciottesimo giorno di Borsa aperta e poi violenta discesa fino al venticinquesimo giorno (piu' o meno il 03 Dicembre).

Il sentiment anche stavolta andrà alle stelle ? Si dirà è ora di acquistare, ma vicino ai massimi del diciottesimo giorno ?

Ricordate sempre questa Tabella e non la sottovalutate mai
Attenzione: sul Time Frame settimanale non si ravvisano segnali di Inversione Rialzista..e per dire rally natalizio è meglio aspettare la Chiusura di Venerdì 30 Novembre...A proposito, se si avvera lo scenario, delineato dal Frattale, scommettiamo che, proprio intorno a Venerdì 30, si negherà l'ipotesi del rally natalizio?

Ma, tranquilli, il rally natalizio ci sarà, ed inizierà proprio dal panico, (forse ci sarà un pò di isteria), che ci dovrebbe/potrebbe essere nei prossimi giorni.

Chi lo dice che ci sarà il rally natalizio? La Storia. Noi utilizziamo statistiche storiche e probabilità.

L'ottantaquattro per cento di probabilità dice che in questo anno ci sarà il rally natalizio. Noi non facciamo Profezie, ma usiamo dati statistici, non altro.

Basta leggere il Libro : La Borsa dal 1897 al 2030_Statistiche dal 1897 al 2030 e previsioni fino al 2030, per capire come si investe sui mercati con le probabilità a favore e come si potrà investire con le stesse probabilità non solo nei prossimi 23 anni, ma anche nei prossimi millenni.

Per Informazioni visita http://www.proiezionidiborsa.com Ogni giorno Proiezioni su Titoli, Indici e Valute.


mercoledì 21 novembre 2007

Mutui e portabilita'

Mutui: Portabilita'; Abi Approva Procedure, Snelliti Tempi

Ansa Web


(ANSA) - ROMA, 21 NOV - Il Comitato esecutivo dell'Abi ha approvato le procedure semplificate per la portabilità del mutuo. Lo ha annunciato il Presidente dell'Abi, Corrado Faissola, ricordando però che "la delicata questione dei costi rientra nelle materie di esclusiva competenza delle banche, nel rispetto delle regole di concorrenza e in linea con quanto previsto dalla legislazione

vigente".
Per Faissola si tratta "di un insieme di decisioni che sottolineano la sensibilità del sistema bancario nei confronti dei consumatori e nel contempo sottolinea la contrarietà dell'Associazione ad interventi dirigistici". L'Abi, nel pieno rispetto di norme che impediscono l'uniformità delle condizioni rivolte alla clientela e sottolineando che l'Associazione non può imporre nulla, in quanto i costi fanno parte delle tematiche concorrenziali, ritiene che una strada per rispondere alle sollecitazioni dei consumatori possa essere quella dell'assunzione volontaria, da parte della banca subentrante, degli eventuali costi e delle penali, se dovute, relative alle estinzioni anticipate; prassi, peraltro, già adottata da alcune banche.
- PROCEDURA PER LA PORTABILITA': "gli obiettivi alla base dello schema di procedura approvato dall'Abi e dal Consiglio Nazionale del Notariato, e presentata alle Associazioni dei consumatori, sono: favorire l'effettiva operatività della portabilità, soddisfare criteri di economicità, certezza dei tempi e semplificazione amministrativa. La procedura prevede una notevole semplificazione per il cliente comprendendo in un "atto unico": il contratto di mutuo tra la nuova banca e il cliente, la quietanza di pagamento rilasciata dalla banca originaria, il consenso alla surroga e l'annotazione della surroga stessa a margine dell'ipoteca originariamente iscritta.
L'operazione potrà essere realizzata sia nella forma della scrittura privata autenticata che nella forma dell'atto pubblico e prevede l'intervento del notaio, quale pubblico ufficiale, che autentica le sottoscrizioni o redige l'atto pubblico".
Questa nuova procedura garantirà ai clienti tempi certi per la fase di comunicazione del debito residuo attraverso un sistema di colloquio interbancario entro un massimo di 15 giorni. Al tempo stesso, la procedura dà una completa informazione e una piena certezza alla clientela, fissando 5 fasi precise: l'avvio della procedura da parte del cliente presso la nuova banca, la richiesta alla banca originaria dell'importo del debito residuo del cliente, l'analisi della fattibilità dell'operazione da parte della nuova banca, la comunicazione alla nuova banca dell'importo del debito residuo, la stipula del nuovo contratto di mutuo, l'annotazione della surroga dell'ipoteca in conservatoria.
- PROCEDURA PER LA RINEGOZIAZIONE: Il Comitato esecutivo dell'Abi ha approvato anche uno schema di procedura per la rinegoziazione dei mutui che introduce notevoli semplificazioni.
Per modificare alcune delle condizioni del precedente mutuo (riduzione del tasso di interesse; modifica del tasso con passaggio da un tasso variabile a fisso o a misto, o viceversa; prolungamento della durata) sarà necessario un unico documento sottoscritto dalla banca e dal mutuatario, che di norma non richiede l'intervento del notaio, e contenente le nuove condizioni concordate. Anche in questo caso, ricorda l'Abi, "vengono garantiti tempi certi per la comunicazione al cliente sull'esito della richiesta di rinegoziazione entro 10 giorni lavorativi. La nuova procedura consentirà rapidità e piena informazione stabilendo 4 fasi: l'avvio della procedura di rinegoziazione con la richiesta del cliente, l'analisi da parte della banca della fattibilità dell'operazione, la risposta della banca alla richiesta di rinegoziazione, l'atto di rinegoziazione".
(ANSA).

martedì 20 novembre 2007

BANCHE PARTE 2^

BANCA MIA FATTI CAPANNA
di Eugenio Benetazzo
Ma cosa è successo al panorama bancario italiano ? Come siamo arrivati noi italiani ad avere un pool di istituti di credito, probabilmente i peggiori al mondo, che si contendono ogni giorno il raggiungimento di posizioni dominanti nel mercato ? Cosa è successo in meno di vent’anni da infrangere per sempre il rapporto fiduciario tra
banca e cliente tanto che oggi il piccolo risparmiatore italiano non si fida più di nessuno ? Che cosa ha trasformato le banche nel tuo peggior nemico ?
Per spiegare quello che è successo dobbiamo tornare indietro di oltre quindici anni quando il panorama bancario italiano era costituito da una distesa prateria di piccoli istituti di credito con spiccata vocazione territoriale, nella quale spadroneggiavano anche tre colossi nazionali, la Banca Nazionale del Lavoro, il Credito Italiano e la Banca Commerciale Italiana, tre banche storiche di diritto pubblico che erano presenti per prestigio e diffusione capillare su quasi tutte le piazze provinciali del paese con le loro mastodontiche agenzie di sportello.
Ricordo ancora il mio primo libretto di risparmio aperto in prima media presso la Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno ed Ancona, successivamente trasformatasi in Cariverona e poi tristemente fagocitata nel gruppo bancario denominato Unicredito. In quel tempo non esisteva l’esigenza viscerale di competere tra banche e banche, in quanto ogni istituto aveva trovato una propria dimensione e sviluppo legato alle caratteristiche del territorio ed a una propria vocazione imprenditoriale. Gli sportelli di banche differenti presenti su una stessa piazza si facevano concorrenza sulle modalità di erogazione del servizio e sul rapporto umano
che si instaurava con il personale che vi lavorava.
Vent’anni fa sarebbe stato impossibile che un direttore di banca vi proponesse di investire su un’obbligazione strutturata emessa da chi sa chi e per Dio sa cosa: i prodotti di risparmio tipici proposti erano i titoli di stato, i
pronti contro termine, i certificati di deposito oppure le obbligazioni emesse dalla stessa banca: prodotti a capitale protetto e rendimento garantito.
I correntisti ed i risparmiatori erano trattati allora come persone con specifiche esigenze sociali ed imprenditoriali, e non come avviene ora alla pari di insignificanti numeri di conto corrente a cui addebitare costi ed oneri di fantasia congiuntamente all’offerta di una copiosa varietà di prodotti porcheria.
Come siamo arrivati, allora, all’attuale situazione di mercato ? La risposta è piuttosto semplice: ottimizzazione dei costi e massimizzazione dei profitti. Le tanto osannate dottrine sui processi di arricchimento facilitato che si
insegnano in quelle fabbriche di replicanti clonati, che vengono definite business schools, hanno trovato prima applicazione proprio nel mondo bancario. Fu così che alcune banche comprendendo la possibilità di competere sui mercati internazionali in vista della definizione di un grande mercato unico europeo iniziarono ad unire le
forze nelle maniere più subdole: fondendosi, fagocitandosi o incorporandosi.
Questo processo portava ad aumentare spaventosamente la loro redditività in quanto se gli attivi dei patrimoni venivano sommati, lo stesso non avveniva per i costi, i quali subivano invece un consistente ridimensionamento (chiusura di filiali doppie sulla stessa piazza e licenziamento del personale in esubero).
Lentamente negli anni hanno preso forma i gruppi bancari che conosciamo tutti ed allo stesso tempo si sono verificati i grandi scandali finanziari che hanno depauperato intere generazioni di risparmiatori italiani. Anche questo è stato dovuto alla trasformazione del sistema bancario italiano, il quale ha iniziato a fare i conti con la prima legge del mercato dei capitali ovvero il rendimento in termini percentuali tra il dividendo erogato ed il prezzo di una singola azione.
La necessità di conseguire utili e rendimenti sempre più crescenti ha spinto i banchieri ad individuare nuove aree di profitto senza compromettere o aumentare l’esposizione al rischio della banca: per quanto motivo sono proliferate commissioni, oneri e costi per servizi di base (che in molti paesi sono completamente gratuiti).
Parallelamente si è sviluppato anche uno straordinario mercato di prodotti porcheria per la gestione del risparmio, infatti questi gruppi bancari si sono resi conto che è molto più conveniente per i loro bilanci e per il loro profitto, gestire i vostri risparmi applicandovi oneri e commissioni senza così esporre la banca in alcun modo
al rischio imprenditoriale. Il marcio del sistema ha trovato la sua massima manifestazione quando i grandi gruppi bancari hanno individuato nell’utilizzo del budget, lo strumento di eccellenza per la propria pianificazione aziendale. Con il
budget, infatti, si stabiliscono a priori i risultati che il gruppo bancario deve conseguire per massimizzare il suo profitto e a questo dictat si devono prostrare tutti i dipendenti della banca, dai funzionari ai cassieri.
Non cè da stupirsi quindoi se esistono banche che concedono in comodato gratuito una Ferrari per una settimana come bonus o incentive per il raggiungimento del budget ad un direttore di filiale, se questo è riuscito a far erogare un determinato numero di mutui ipotecari ad intervento integrale (quindi 100 %) a condizioni proibitive (mi piacerebbe potervi fare i nomi e cognomi) ! Non mi dilungo sul personale di sportello, soggetto ad un tasso di turnover improponibile (ogni mese avete un
referente diverso), nella maggior parte dei casi, vi trovate di fronte a persone frustrate, impantanate in un lavoro che non ha futuro, destinate per anni a contare il denaro e gli assegni, oppure a passare carte su carte tra lo sportello e la direzione amministrativa. Ecco il motivo per cui non vi dovete fidare di quello che vi propongono: perché quello che vi viene presentato, deve prima portare ricchezza alla stessa banca. Questa trasformazione del sistema bancario ha tuttavia prodotto o indirettamente causato anche un effetto collaterale, che forse non si era opportunamente valutato: per la prima volta si è venuto ad infrangere il rapporto
fiduciario che si riponeva nelle banche o nelle persone che vi lavorano, dubitando profondamente su tutto quello che viene raccontato od offerto allo sportello. Non a caso sono ripresi con grande frequenza e dimensione fenomeni di espatrio di capitali (a volte anche con modalità illegali) nei confronti di centri finanziari ritenuti
storicamente più seri ed affidabili.
Comunque questo paese e la sua inerte classe politica lasciano veramente poco a che pensare, ma ancor di più la sua popolazione: se gli toccate la squadra di calcio allora preparatevi a vedere scali e porti marittimi bloccati da orde di tifosi che barricano gli accessi, mentre se qualcuno (coperto dalla compiacenza politica di chi
ci governa) vi sottrae illegalmente 50 euro dal vostro conto corrente, vi limitate semplicemente a lamentarvi stile bambino dell’asilio a cui hanno rubato la merendina. Chi è causa del suo male, pianga se stesso.

domenica 18 novembre 2007

BANCARIO RIDOTTO A PROSTITUTA ALBANESE

dal sito MERCATO LIBERO...dell'amico
C’era una volta il direttore di banca. Quando un artigiano, commerciante o impresa chiedeva un fido, lui andava a vedere di persona le gru, i capannoni, i magazzini del potenziale debitore. Era un personaggio ben inserito nella realtà economica locale. I profitti della banca venivano in parte notevole da questa attività. Oggi non più. Come spiega un doloroso articolo su Libero Mercato, il bancario deve «vendere» a qualunque malcapitato entri in banca assicurazioni, «prodotti finanziari» che puzzano, «derivati» e «strutturati» col trucco, e di cui il cliente non ha bisogno.Vuoi il fido? Allora beccati anche questo swap dollaro-yen, o questa quota di hege fund con portafoglio colmo di azioni di Pechino. Non ti occorre? Ma la banca, per darti il fido, ti chiede di «contribuire ai profitti dell’istituto, che oggi si fanno così».
Altrimenti niente credito. I risultati sono quelli raccontati spesso dalla Gabanelli e da Libero stesso: negozi ben avviati portati al fallimento dalla leva negativa di quegli «strutturati», su cui bisogna pagare margini che superano i fatturati; prestiti-ponte per pagare quei debiti improvvisi; colossali indebitamenti occulti di Comuni Province e Regioni. Non è colpa dei bancari. E’ che il loro status è stato cambiato: parte del loro stipendio oggi dipende dai «risultati», ossia da quali schifezze e truffe hanno rifilati ai clienti. Ridotti a promotori finanziari senza preparazione specifica, assillati «dagli uffici-marketing che dettano quale cliente chiamare, a quale ora e per quale prodotto» e dalla telefonata del capo-area che vuole «risultati», altrimenti niente «incentivi» e premio annuale.

La condizione dei bancari è quella delle prostitute albanesi nelle grinfie del racket, e come tali devono comportarsi.

E i vecchi direttori hanno perso la «delega»: non sono più loro a dire se quell’artigiano o impresa meritano di essere affidati, ma «processi automatizzati», decisi da lontani computer con software irreali, «made in USA». «Processi di vendita massificati», dice Libero, «non serve pensare: tutto è pianificato» dagli arroganti neo-banchieri che imitano Wall Street.
Dice Libero: tra i risultati, c’è che crescono le perdite delle grandi banche «sui crediti di piccola dimensione». E che i clienti, non trovando più il direttore che li conosceva da anni, ripiegano sulle piccole banche locali, che «tengono e crescono» nonostante l’arretratezza tecnologica, e che erano state date per spacciate «perché non hanno le dimensioni».
Ma non è questo il punto. La vera tragedia è che la banca, prima, era almeno una ausiliaria dell’economia reale, dell’industria e del commercio.
Oggi ne è il parassita distruttore. Gli avvoltoi, almeno, mangiano cadaveri già putrefatti. Le «nuove» banche divorano imprese vive e vegete, rifilando loro prodotti fallimentari, «strutturati» incomprensibili che aggraveranno i conti fino alla bancarotta. Libero Mercato, se n’è accorto e denuncia.
Ma anche Mario Draghi è consapevole di questa situazione. Ha parlato più volte del dissesto dell’industria del risparmio gestito italiano inefficiente, cara e capace solo di succhiare il sangue agli investitori.
Per ora ha vinto il cambiamento di «cultura», come si dice: dal credito come ausiliario al credito-marketing predatorio.
Tornando alla storiella del castello del mio precedente articolo è come se un castello era stato costruito da un Re saggio e buone alcuni anni fa sulle rive di un fiume bellissimo. Vicino al castello era sorta una grande città che si sentiva protetta dalla presenza del castello. La città cresceva prosperosa, le campagne erano adibite all’agricoltura e all’allevamento, le foreste erano popolate da animali che venivano cacciati, il fiume veniva utilizzato per l’approvigionamento idrico e per il commercio. La natura e la serenità delle famiglie rendeva la vallata unica nel suo genere.
Tutti volevano stare vicino al castello, si sentivano aiutati e protetti, in cambio pagavano delle tasse ragionevoli e tutti prosperavano.
Improvvisamente il re del castello muore e suo figlio, noto per la sua arroganza e avidità, ne prende il posto. Aumenta le tasse, brucia il raccolto dei campi di coloro che non pagano le tasse, si appropria del bestiame dei morosi e lo vende alle vallate confinanti. il paese si impoverisce sempre di più. Da una bella città si trasforma lentamente in una favelas triste e povera.
Il castello diventa sempre più bello e opulento, ma un giorno si accorge che non può più spremere i sudditi, non è rimasto nulla da spremere, la pianura fertile si è trasformata in un arido deserto, la foresta bruciata, e il fiume inquinato. Il re ha due alternative…sposta il castello in un’altra valle e continua a depredare, o si impoverisce anche lui e il castello in poco tempo diverrà un rudere. Ma la folla dei sudditi, intanto, ha aperto gli occhi, capisce che esiste un’alternativa, confabula, si organizza, si arma…una rivolta è vicina

Jack Free (Libero) Maurizio Blondet, Mercato Libero.

giovedì 1 novembre 2007

Il Profumo del Governatore

da Mercato Libero


PROFUMO: MI DA FASTIDIO (Sapessi a noi….)Profumo attacca Bazoli affermando che le parole di Bazoli gli danno fastidio...
Alessandro Profumo, al quotidiano francese Les Echos: "Alcuni dicono che le Generali devono restare indipendenti in modo da poter esercitare la loro influenza. Ciò mi dà fastidio" ha detto Profumo, riferendosi al presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli!
Francamente siamo stufi di mezze frasi, di scaramucce, di tatticismi anti mercato.
Evviva davide Serra, Evviva Matteo Arpe.
Evviva gli uomini di rottura.
E' vero, sono a caccia di utili e profitti, ma chi non lo è?
Basta vedere gli stipendi dei manager di Generali!
Lo stesso attacco di Serra andrebbe fatto in politica alla nostra classe dirigente e all'opposizione. Tutti a far finta di litigare per poi cercare di mettersi daccordo per continuare a poter far politica.
Se a Profumo gli da fastidio Bazoli perchè non appoggia Serra? Una bella scalata a Generali ora è possibile, anche a Mediobanca, di cui possiede il 19%.
All'antitrust ci si penserà dopo....
Ma in Italia si sa...esiste sempre un Corriere della sera, un giornalista , un giudice che diranno la loro bloccando l'anima del mercato.

RISPARMIO GESTITO O RISPARMIO TRADITO? Ecco il pensiero del governatore:
risultati insoddisfacenti, non solo per colpa del fisco. Gestori cari rispetto ai
rendimenti. Il legame con le banche ha ostacolato «la concentrazione delle fabbriche prodotto»

I fondi comuni italiani, riconosce il governatore, sono stati a lungo penalizzati fiscalmente rispetto a quelli esteri, ma l’industria deve comunque essere in grado di fare mea culpa e riflettere sui motivi della progressiva disaffezione dei risparmiatori nei suoi confronti. «La qualità delle gestioni non di rado è insoddisfacente rispetto ai costi - ha osservato il numero uno di Palazzo Koch - Non sorprende che l’andamento più sfavorevole abbia contraddistinto i fondi obbligazionari e monetari per i quali il peso delle commissioni è particolarmente elevato». Nel mirino di Draghi è finita la governance delle Sgr, che avrebbero un numero troppo esiguo di consiglieri indipendenti, e il rapporto troppo stretto tra fabbriche prodotto e reti di vendita. «Queste ultime hanno un ruolo decisivo nello sviluppo delle masse in gestione e nella ripartizione dei ricavi». Il problema fiscale in ogni caso va risolto al più presto. «È un handicap serio cui occorre intervenire», ha detto il governatore

PER RIASSUMERE I PRODOTTI ITALIANI DEL RISPARMIO GESTITO, A DETTA DEL NOSTRO GOVERNATORE HANNO LE SEGUENTI CARATTERISTICHE:
- FISCALITA’ PENALIZZANTE,
- INCAPACITA’ GESTIONALE (RISULTATI DELUDENTI)
- GOVERNANCE INSODDISFACENTE
- TROPPO POTERE DELLE RETI DI VENDITA


Ora le sue parole equivalgono a dire:
- Risparmiatore non comprare prodotti delle banche italiane
- Risparmiatore non ti fidare del promotore che ti vende prodotti
d’investimento italiani
- Risparmiatore non ti fidare della banca sottocasa se ti dice di comprare
prodotti italiani del risparmio.

Ora, queste parole sarebbero tacciate di concorrenza sleale o di falsa pubblicità comparativa se uscissero dalla bocca di un consulente finanziario indipendente come me. Ma dato che tali affermazioni arrivano dal massimo esponente della Banca d’Italia, allora il risparmiatore ha l'obbligo di preoccuparsi.
Il governatore dice che i prodotti del risparmio gestito italiano non sono prodotti validi. Quindi se li compri non fai certo un buon affare. E, automaticamente bisogna fuggire da coloro i quali te li propongono (reti, private bankers, ufficio titoli della banca ecc ecc).
A questo aggiungo che se la banca ti offre prodotti prodotti d’investimento estero vestiti, ma gestiti sempre dallo stesso team di gestione italiano che ha risultati insoddisfacenti in Italia... la musica non cambia. È difficile pensare che il prodotto sia migliore. Occhio poi al costo dei prodotti esteri. A volte costano di più in modo da mangiarsi il vantaggio fiscale che invece deve rimanere in capo a chi investe. La maggior parte dei prodotti d’investimento di società italiane d’investimento che hanno aperto i loro uffici in Lussemburgo o in Irlanda soffrono dei medesimi problemi sui risultati che affliggono i prodotti italiani. Per giunta la società di gestione estera subisce una tassazione sugli utili inferiore a quella italiana. Quindi tale vantaggio dovrebbe essere girato, in parte al consumatore.



A riprova di quanto detto, riporto le parole di Giuliani, direttore generale di una delle principali società del risparmio gestito in Italia:
«Purtroppo quello che dice Mario Draghi è la realtà. In Italia ci sono pochissime scuole gestionali di valore che possono vantare una storia di successo provata da fatti e non da slogan commerciali. In molti casi i rendimenti medi offerti ai clienti, al netto dei costi e della fiscalità, sono insoddisfacenti. Il 90% dell'industria rende in media sui 5 anni meno dei Bot: occorre concentrarsi molto di più sulla qualità dei rendimenti offerti, pensando solo al cliente». Ma chi è il vero colpevole dell’ «andamento insoddisfacente» dei fondi italiani lamentato ieri da Draghi? «Oltre alla gestione - risponde il numero uno di Azimut - grosse responsabilità sono da attribuire anche alle reti distributive che hanno dimostrato di avere molte difficoltà nell'orientare i clienti in modo corretto negli anni. Considerato che alcune asset class, hedge e flessibili a parte, hanno reso zero o addirittura perso, è ovvio che il livello di insoddisfazione sia elevato. E, infine, da un orientamento eccessivo al conto economico di breve termine che ha portato alla diffusione di strumenti poco trasparenti, molto costosi e poco flessibili. Essere spinti da logiche di budget di breve termine e non dalla soddisfazione del cliente nel medio/lungo è molto dannoso per l'industria».

Infine ricordo la raccolta di settembre per il risparmio gestito italiano segna un
–9,3 miliardi di euro. Vuoi essere l'unico che rimane con il cerino in mano?

IL RISPARMIATORE E’ ABBINDOLATO DALLE BANCHE!!! PAROLA DI GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA
Ieri Draghi, nel suo discorso, in occasione della giornata del del risparmio ha fatto pesanti interventi contro il sistema bancario e a favore del risparmiatore.
In particolare si è soffermato su tre aspetti: Mutui, Conti Correnti, Risparmio Gestito.
Il governatore ha affermato che in tutti questi prodotti il risparmiatore è abbindolato dalle banche. Il risparmiatore non è capace di scegliere e indirizzarsi verso prodotti efficienti.
Vediamo i vari prodotti a uno a uno:
MUTUI
Draghi ha affermato che i tassi d’interesse potrebbero salire nei prossimi mesi. Incredibile! Il nostro governatore, mentre i tassi americani scendono, ci dice che i tassi saliranno. Visionario o Preveggente? Io ritengo che abbia ragione e ci vuole aiutare. Ci dice che l’inflazione è alle porte. Ma non l’inflazione che porta a un maggior valore degli assets immobiliari (come accadeva negli anni 70). Ma un’inflazione cattiva che arriva direttamente dalla Cina e di cui noi subiremo solo gli svantaggi! Il governatore ci dice di non indebitarci! O se lo facciamo, di valutare un tasso fisso! Questo è il primo messaggio. (a proposito, inflazione record e grosso aumento dei prezzi alla produzione sono segnali preoccupanti).

domenica 28 ottobre 2007

Contribuenti in allerta: da lunedì 29 ottobre 2007 via libera alle indagini finanziarie mirate.

Contribuenti in allerta: da lunedì 29 ottobre 2007 via libera alle indagini finanziarie mirate. Con la possibilità per gli 007 del fisco di interrogare direttamente e immediatamente il c.d. "Archivio dei rapporti con gli operatori finanziari", l'utilizzo dell'accertamento bancario rischia di essere ancora più penetrante ed efficace. Se il fisco punta con decisione a questa azione di contrasto i contribuenti dovranno munirsi di tutte le precauzioni e gli strumenti, giuridicamente consentiti, per evitare spiacevoli sorprese. La banca dati che si apre agli ispettori tributari, contiene oltre 450 milioni di rapporti (si veda ItaliaOggi del 24 ottobre scorso) ed è costruita ed aggiornata sulla base delle comunicazioni effettuate all'anagrafe tributaria dagli operatori finanziari ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del dpr n. 605/1973. Al suo interno, ordinati in base al codice fiscale del soggetto sia esso persona fisica o meno, è contenuto un vero e proprio censimento dei più disparati rapporti intrattenuti dai contribuenti. Il vero "pericolo" per i contribuenti si annida sostanzialmente in due direzioni: il censimento da parte del fisco anche delle c.d. operazioni fuori conto o extra-conto e la retroattività dell'eventuale accertamento bancario.Le operazioni fuori conto consistono in tutti quei rapporti, spesso di tipo spot, che un soggetto può effettuare per le più disparate finalità ma che, proprio perché non transitate all'interno della ordinaria rendicontazione bancaria possono apparire, perlomeno in prima battuta, più sospette a un verificatore esterno e allo stesso tempo più difficili da "ricostruire" da parte del soggetto che le ha poste in essere. Fra queste operazioni ricordiamo per esempio il cambio assegni, la richiesta di emissione di assegni circolari dietro presentazione di altri titoli o di denaro contante, l'acquisto di valuta estera etc.Naturalmente tenuto conto della forza probatoria attribuita alle indagini bancarie condotte nei confronti dei soggetti titolari partita Iva e dei soggetti a essi legati da vincoli di parentela e coniugio, il consiglio è quello di limitare al massimo tali operazioni e comunque conservare sempre, per quanto possibile, memoria anche documentale dell'operazione compiuta. Peraltro l'estensione degli obblighi di natura finanziaria e delle presunzioni relative alle somme transitate sui conti correnti anche per gli esercenti attività professionale estende la platea dei soggetti a rischio e per i quali la mancata o insufficiente possibilità di provare il contenuto di queste operazioni, riconducendole più o meno direttamente ai movimenti della contabilità, può costituire facile eccezione da parte degli organi verificatori.Più l'amministrazione finanziaria ha facilità e rapidità d'accesso ai rapporti bancari e finanziari del contribuente, più l'utilizzo di questa particolare modalità di accertamento può essere invasiva soprattutto se combinata da altre forme di ricostruzione più o meno indirette del giro d'affari o del reddito del contribuente.Si pensi ad esempio alla combinazione di strumenti quali il redditometro o gli studi di settore con una successiva indagine finanziaria a 360 gradi sui rapporti che il contribuente e i suoi parenti più stretti intrattengono con banche, società finanziarie, società fiduciarie e altri soggetti.Di fronte alle presunzioni, generalmente semplici, degli strumenti sintetici o induttivi di determinazione del reddito, la presenza all'interno dello stesso periodo d'imposta di movimentazioni in entrata sui conti correnti o di operazioni di sportello per le quali il contribuente, magari a distanza di qualche anno, non riesce a fornire idonea giustificazione anche documentale, può rafforzare l'attività istruttoria del fisco e sfociare in un atto di accertamento difficilmente contrastabile in contraddittorio prima e in contenzioso dopo. In questo senso merita ricordare che la circolare n. 32/E del 19 ottobre 2006 ha chiarito che: "La nuova strumentazione è rivolta a una attività di selezione preventiva al fine di dimensionare più precisamente le indagini e, quindi, di consentire, anche in funzione del rispetto della privacy dei contribuenti, agli uffici procedenti, almeno tendenzialmente, di coinvolgere solo gli intermediari che hanno intrattenuto rapporti con i contribuenti medesimi".Le informazioni contenute nell'archivio saranno utilizzate quindi per le richieste di dati, notizie e documenti di cui all'articolo 32, primo comma, numero 7 del dpr n. 600/73 ai fini delle imposte sui redditi nonché, in materia di imposta sul valore aggiunto, per le stesse richieste effettuate ai sensi dell'articolo 51, secondo comma, numero 7 del dpr n. 633/72.Tornando alle cautele che i contribuenti dovranno ancor di più adottare nel prossimo futuro per contrastare quello che potrebbe essere un vero e proprio tiro incrociato del fisco, occorre ricordare che all'interno dell'archivio dei conti correnti, l'amministrazione finanziaria dispone già di tutte quelle informazioni che consentono di individuare soggetti collegati o collaterali ai rapporti in essere. Si pensi ad esempio alle c.d. deleghe di firma, strumento frequentemente utilizzato per poter movimentare conti correnti intestati ad altri soggetti o ancora alla cointestazione a più soggetti di un medesimo rapporto. In tutte queste ipotesi, d'ora in avanti, nessuno potrà più "bleffare" di fronte agli ispettori fiscali per i quali dette situazioni saranno già note ancor prima che il soggetto passivo possa sospettarlo o averne espressa menzione.Si chiude quindi un cerchio attorno ai contribuenti. La manovra è iniziata con il dl 223/06, la c.d. Visco-Bersani, e si concluderà lunedì prossimo quando le chiavi dell'archivio unico dei conti correnti bancari saranno a disposizione dei funzionari dell'Agenzia delle entrate e dei militari della Guardia di finanza. Tracciabilità degli incassi e dei pagamenti, obbligatorietà della tenuta di uno o più conti correnti dedicati per l'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, obbligo di indicazione negli atti di compravendita dei titoli e dei mezzi di pagamento, tutto conduce attorno ad un unico risultato: sempre più difficoltoso se non impossibile utilizzare il denaro contante per effettuare pagamenti o per riscuotere prestazioni.E non sono solo i conti bancari o postali che possono dare dispiaceri ai contribuenti. Sotto la lente del grande fratello fiscale, ossia della banca dati dei movimenti finanziaria contenuta nell'anagrafe tributaria, ci sono anche le operazioni fatte con le società di leasing, con le società finanziarie, con le fiduciarie, con le Sicav, con le Sgr e con tutto il mondo degli intermediari finanziari in genere. Si pensi ad esempio alle particolari comunicazioni che la circolare n. 18/E del 2007 ha previsto per le holding di partecipazioni, iscritte nella sezione speciale ai sensi dell'articolo n. 113 del Tub. Esse devono infatti comunicare all'anagrafe tributaria: partecipazioni detenute, finanziamenti ricevuti dai soci, prestiti obbligazionari, garanzie rilasciate. Particolari tipologie di rapporto sono oggetto di comunicazione anche da parte delle società di leasing per quanto riguarda eventuali cessioni anticipate del contratto, subentri etc.Niente insomma sembra poter più sfuggire e l'aspetto peggiore, per il contribuente, è che il fisco potrà ottenere tutte queste informazioni con estrema semplicità decidendo poi, in un momento successivo, come agire e su quali strumenti o rapporti puntare il dito.Restano comunque tutta una serie di garanzie e tutele a protezione dei soggetti passivi fra le quali ricordiamo le particolari modalità di accesso e di trattamento dei dati contenuti nella c.d. anagrafe dei conti correnti. Le regole in materia sono le seguenti:· Per l'accesso dei dipendenti dell'Agenzia delle entrate, l'autorizzazione del direttore centrale accertamento o del direttore regionale mentre per gli appartenenti al corpo della Guardia di finanza sarà necessaria l'autorizzazione del comandante regionale;· Per il trattamento dei dati il provvedimento del 19 gennaio 2007 ha precisato che le notizie contenute nella banca dati saranno trattate esclusivamente dal personale dell'amministrazione finanziaria incaricato dei controlli;· Per quanto riguarda l'accesso alla banca dati da parte degli agenti della riscossione invece, le informazioni relative all'esistenza e alla natura dei rapporti finanziaria dei contribuenti saranno dagli stessi utilizzabili solo ai fini della riscossione tramite ruolo o previa autorizzazione rilasciata dai direttori generali degli agenti della riscossione.Descritto lo scenario non resta che provare a dare alcuni suggerimenti. I più scoperti di fronte agli accessi bancari sono storicamente i soggetti in contabilità semplificata e i liberi professionisti. È necessario che questi contribuenti contabilizzino e tengano conto e documentazione di ogni movimentazione effettuata sia sui conti correnti dell'attività che sui conti per i quali hanno delega ad operare o altri tipi di accesso. Utilizzare sempre di più e con più frequenza strumenti di facile e sicura tracciabilità che consentono, anche in ipotesi di spese a carattere familiare ed extra-attività lavorativa, di potersi giustificare di fronte al fisco quali: carte di credito, bancomat, ricevute bancarie, bonifico, assegni etc..L'home banking è un altro strumento che grazie alla flessibilità e alla facilità e comodità di utilizzo, nonché ai bassi costi d'impiego, può rivelarsi estremamente utile al proposito.A questo punto per chi vuole dormire sonni tranquilli sembrano esserci una sola soluzione: aprire un conto corrente presso una banca svizzera. Come si suole dire "uomo avvisato, mezzo salvato.





sabato 27 ottobre 2007

MFID

MIFID

La consulenza in materia di investimenti rappresenta oggi un servizio accessorio che può essere prestato da chiunque, persona fisica o giuridica, senza alcuna preventiva autorizzazione.

A seguito dell’applicazione in Italia della Direttiva MIFID 2004/39/CE, prevista nel termine del 1° novembre 2007, la consulenza in materia di investimenti tornerà ad essere considerata quale servizio di investimento che potrà essere prestato solo dagli intermediari abilitati muniti di specifica autorizzazione amministrativa.

In sostanza, il legislatore comunitario, preso atto della rilevanza e della “potenziale rischiosità” insita nel servizio di consulenza in materia di investimenti, ha ritenuto di riservare l’esercizio di tale attività agli intermediari abilitati, sottoposti a specifiche disposizioni in materia di autorizzazione e regole di condotta applicabili nell’esercizio dell’attività.

C’è da chiedersi, in attesa dei provvedimenti di attuazione da parte del legislatore italiano, quali saranno i precisi confini della definizione dell’attività di consulenza, quali saranno i soggetti che potranno prestare tale attività e, non da ultimo, quali saranno le principali condizioni di esercizio e regole di comportamento.

La Direttiva MIFID 2004/39/CE definisce l’attività di consulenza in materia di investimenti come “la prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell’impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari” (cfr. art. 4, paragrafo 1, punto 4, Direttiva MIFID 2004/39/CE).

L’elemento caratterizzante dell’attività di consulenza in materia di investimenti è la “personalizzazione”.

Affinché si possa parlare di consulenza è necessario che la “raccomandazione personalizzata” sia diretta ad uno specifico investitore, deve essere basata sulle caratteristiche specifiche della persona e deve avere ad oggetto una specifica operazione di investimento in strumenti finanziari (cfr. art. 52 dalla Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Non costituisce consulenza in materia di investimenti, la consulenza in merito a strumenti finanziari fornita in un quotidiano, giornale, rivista o qualsiasi altra pubblicazione destinata al pubblico indistinto (incluso Internet), ovvero attraverso trasmissioni televisive o radiofoniche (cfr. considerando n. 79 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Al pari, una consulenza “generica” in merito ad un tipo di strumento finanziario non è consulenza sottoposta a riserva di attività, ciò in quanto la consulenza in materia di investimenti quale servizio di investimento deve avere ad oggetto specifici e determinati strumenti finanziari (cfr. considerando n. 81 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Occorre poi considerare, che la Direttiva 2004/39/CE non si applica “alle persone che forniscono consulenza in materia di investimenti nell’esercizio di un’altra attività professionale” non espressamente disciplinata dalla stessa direttiva, a condizione però che “tale consulenza non sia specificamente rimunerata” (cfr. art. 2, paragrafo 1, lett. j) della Direttiva 2004/39/CE).

Individuata in tal modo la definizione dell’attività di consulenza, è opportuno chiarire quali soggetti potranno essere autorizzati a prestare tale attività riservata. In primo luogo è necessario chiarire che i soggetti, persone fisiche o giuridiche, che presteranno attività di consulenza saranno riconosciuti quali imprese di investimento e saranno soggetti ai requisiti iniziali previsti per la prestazione dei servizi di investimento (artt. 5-15 della Direttiva MIFID 2004/39/CE).

Al fine di evitare oneri eccessivi a carico dei consulenti, è peraltro previsto un regime di adeguatezza speciale per i soggetti che presteranno esclusivamente il servizio di consulenza in materia di investimenti.

Le imprese di investimento organizzate in forma societaria dovranno avere un capitale iniziale di almeno 50.000 euro, mentre le persone fisiche dovranno sottoscrivere idonea polizza assicurativa contro la responsabilità derivante da negligenza professionale, con copertura assicurativa di almeno 1.500.000 euro all’anno e di almeno 1.000.000 euro per ciascuna richiesta di indennizzo (cfr. art. 67, paragrafo 3, della Direttiva MIFID 2004/39/CE).

Numerose polemiche aveva suscitato il disegno di legge n. 1014 approvato dal Senato in cui si limitava l’esercizio dell’attività di consulenza in materia di investimenti alle banche ed ai soggetti costituiti in forma di società per azioni, escludendo di fatto le persone fisiche.

Siffatta limitazione era in contrasto con quanto previsto dalle Direttive MIFID e rischiava di escludere i c.d. consulenti indipendenti rimunerati a parcella (c.d. “fee only”). Il disegno di legge n. 1014 è stato prontamente emendato ed è stata prevista la possibilità per le persone fisiche di prestare il servizio di consulenza, a condizione che siano in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia e la Consob.

Nell’esercizio della loro attività tutti i consulenti saranno chiamati al puntuale rispetto delle regole di comportamento che prevedono, tra l’altro, obblighi specifici in materia di identificazione e comunicazione ai clienti delle ipotesi di conflitti di interesse (cfr. art. 18 Direttiva MIFID 2004/39/CE), nonché specifici obblighi in relazione alle informazioni che il consulente è tenuto ad acquisire dal cliente per essere in grado di raccomandare strumenti finanziari adatti al clienti stessi ed adeguati al loro profilo (cfr. art. 19, paragrafo 4 Direttiva MIFID 2004/39/CE).

E’ importante notare che nel caso in cui il consulente non ottenga dal cliente le informazioni circa conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, situazione finanziaria ed obiettivi di investimento, il consulente stesso dovrà astenersi dal prestare attività di consulenza in materia di investimenti (cfr. art. 19, paragrafo 4, della Direttiva 2004/39/CE - art. 35, paragrafo 5, della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Distinta dall’attività di consulenza in materia di investimenti è l’attività di studio, ricerca ed analisi in materia di investimenti, attività qualificata dalla Direttiva MIFID 2004/39/CE come servizio accessorio, non sottoposta ad autorizzazione né a riserva di attività.

L’attività di ricerca ed analisi è il servizio che ha ad oggetto “ricerche o altre informazioni che raccomandino o suggeriscano, esplicitamente o implicitamente, una strategia di investimento, riguardante uno o diversi strumenti finanziari o gli emittenti di strumenti finanziari, compresi i pareri sul valore o il prezzo attuale o futuro di tali strumenti, destinate a canali di distribuzione o al pubblico, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) esse vengano designate o descritte come ricerca in materia di investimenti (…) b) se la raccomandazione in questione venisse fatta dall’impresa di investimento ad un cliente, non costituirebbe consulenza” (cfr. art. 24 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

L’attività di studio, ricerca ed analisi in materia di investimenti è considerata dalla Direttiva MIFID quale sottocategoria delle raccomandazioni di investimento disciplinate dal legislatore comunitario con la Direttiva 2003/125/CE, recepita dal legislatore italiano con la l. 18 aprile 2005, n. 62 il cui art. 9 ha modificato la disciplina delle comunicazioni al pubblico di cui all’art. 114 del d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 (T.U.F.).

Lo stesso art. 114 del T.U.F. è stato successivamente modificato dalla l. 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d. Legge Risparmio”). A tali modifiche della normativa primaria, è seguita poi la modifica dell’art. 69 del Regolamento Consob n. 11971/1999 (c.d. “Regolamento Emittenti”).

Le “raccomandazioni” di cui alla Direttiva 2003/125/CE e le “ricerche in materia di investimenti” di cui alla Direttiva MIFID sono in un rapporto di genere a specie.

Le caratteristiche proprie della ricerca in materia di investimenti, che la distinguono dalla consulenza sono: la destinazione al pubblico (non quindi al singolo cliente), la riconoscibilità quale ricerca in materia di investimenti e l’inidoneità ad essere qualificata quale consulenza in quanto non “costruita su misura” di un singolo cliente.

E’ importante considerare che la prestazione del servizio di studi, ricerche ed analisi finanziarie, laddove sia svolta da imprese di investimento unitamente ad altri servizi di investimento, è sottoposta alla regolamentazione citata in precedenza in materia di conflitti di interesse e informazioni da ricevere e fornire ai clienti (artt. 18 e 19 della Direttiva MIFID 2004/39/CE).

L’attività di ricerca ed analisi indipendente e specialistica svolta da soggetti che non sono imprese di investimento, non è invece soggetta ai suddetti obblighi in quanto esula dal campo di applicazione della Direttiva 2004/39/CE.

La prossima settimana ci occuperemo delle regole di comportamento che gli intermediari devono rispettare nei rapporti con i clienti e delle distinzioni tra clienti al dettaglio, clienti professionali e controparti qualificate.

venerdì 19 ottobre 2007

governo di M... e solito Str...

Una proposta di legge simile si è vista solo nelle dittature.


Ecco quello che ho trovato sul sito di Beppe Grillo
Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.
La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.
I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.
L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete.
Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog?
La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile.
Il 99% chiuderebbe.
Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.
Il disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”.
Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili.
Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia.
Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.

domenica 30 settembre 2007

MATERIE PRIME AUMENTANO PANE PASTA ETC

CAUSA IL DEPREZZARSI DEL DOLLARO LE MATERIE PRIME HANNO INIZIATO AD AUMENTARE VALORE ,
CREDO SIA QUESTA UNA RISPOSTA NORMALE DAL PUNTO DI VISTA FINANZIARIO NON TANTO DAL PUNTO UMANO

PERO' OGGI MI VIENE DA FARE QUESTA CONSIDERAZIONE ABBASTANZA O POCO NON SO'
PSEUDO-POPULISTA:

GROSSE SOCIETA' CHE VENDONO GRANO , FARINA PASTA SOPRATUTTO SE NEGOZIATA IN DOLLARI VEDRANNO I LORO BILANCI PARADOSSALMENTE DECRESCERE ANCHE PERCHE' UN EVENTUALE MINOR COSTO NON COMPORTEREBBE MAGGIORE CONSUMO;
QUINDI I BILANCI E RISORSE FINANZIARIE PRESENTEREBBERO SEGNI NEGATIVI ED ALLORA PER RECUPERARE IL GAP LA COSA PIU' SEMPLICE E' AUMENTARE I PREZZI E COMPENSARE....
LE SOCIETA' CONTINUANO A FARE PROOFITTI ANCHE PERCHE' QUANDO IL DOLLARO SI APPREZZERA' SICURAMENTE IL PREZZO NON CALERA' E LE CORPORATION CONTINUERANNO A MACINARE DENARO....
LO STESSO DENARO CHE PERMETTE ALLE CORPORATION DI SVILUPPARE INVESTIMENTI TECNOLOGICI E PRODUTTIVI ,LEGATE AI VOLUMI, CHE GENERANO ECONOMIE DI SCALA SEMPRE MAGGIORI E QUINDI COSTI DI PRODUZIONE SEMPRE PIU' BASSI CHE CNSENTONO A POTERI DI ACQUISTO BASSI E PERSINI MOLTO BASSI DI GODERE DI QUESTI BENI (ALIMENTARE, VESTIARIO, FARMACEUTICO, ELETTRONICO..)


giovedì 27 settembre 2007

QUANDO CI RENDIAMO CONTO CHE E' FINITA?

De Mita all’attacco «Spettacolo penoso»




DALL’INVIATO ALDO BALESTRA Lioni. «Mi dispiace, dovrete fare ancora i conti con la mia presenza». Ciriaco De Mita sale sul palco del centro sociale di Lioni, a due passi dalla sua Nusco, e con una battuta esorcizza la questione, in via di sofferta soluzione, del mancato accoglimento delle liste nazionali di Campania Democratica. Il fidato Mario Sena, capogruppo della Margherita in Regione Campania, via telefono ogni tanto s’informava sull’esito del ricorso. Ma De Mita, che apre la campagna elettorale per le Primarie del Pd nel collegio Alta Irpinia, nemmeno sembra preoccupasi più di tanto. Certo, quella ricusazione, per quanto «tecnicamente frutto dell’utilizzo di un meccanismo procedurale male interpretato», per lui resta una «provocazione». «Sì, non mi spiego - confida - tutto questo in un partito che nasce, che si fa, che è per aggregare e non ”contro” qualcuno. Logico che non ci sia entusiasmo, sarebbe strano se ci fosse, perchè è difficile suscitare entusiasmo se i giocatori della squadra si prendono a calci». Ed allora De Mita, di ritorno ieri da Roma, racconta che quasi stava disertando l’appuntamento serale di Lioni, al cospetto di centinaia di persone, accolto dalla padrona di casa Rosetta D’Amelio, diessina lionese ed assessore regionale alle Politiche sociali, capolista di Campania Democratica per l’assemblea regionale. «Certo - afferma De Mita - non c’è partecipazione rassegnata, ma nemmeno entusiasta. Dobbiamo crescere, dialogare, far capire. Noi qui in Irpinia le liste le abbiamo fatte bene, abbiamo integrato esperienze e nuova linfa». Il leader della Margherita, allora, ascolta con attenzione l’intervento di una ragazza ventenne altirpina, Luana Evangelista, della Sinistra Giovanile, che lo segue in lista, al numero due. «Proviamo insieme a saldare - le dice De Mita - tensione ideale dei giovani e sapienza». Il leader di Nusco è animale elettorale, che si sente già dentro la competizione. «Da questo collegio - afferma - mi aspetto che la lista raccolga almeno 15mila consensi». E l’assessore regionale, D’Amelio, afferma che «il compito di tutti i candidati sarà quello della mobilitazione, del portare al voto gente che si convinca che con la partecipazione si può approdare ad un nuovo orizzonte politico che, in Veltroni, ha il suo garante». E se Sena (capolista regionale in Bassa Irpinia, e dunque lontano dalla natia Sant’Angelo) avvisa sui «rischi verso il 14 ottobre di una deriva inquinante, di intrighi e infiltrazioni tesi a delegittimare», De Mita non resiste a qualche chiosa feroce. Verso Gad Lerner che l’ha recentemente criticato («ma ad Avellino, in un confronto con me, non aveva detto che mi avrebbe visto come padre nobile del Pd? Sia chiaro, ho deciso io di non candidarmi quando mi sono accorto che potevo farlo»), Rosy Bindi («lei parla contro le oligarchie, ma chi l’ha messa al governo, forse lo Spirito Santo?») ed Enrico Letta («è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, senza mai essersi impegnato in una campagna elettorale»). E difende, De Mita, il «suo» candidato campano per il Pd, Tino Iannuzzi. Così: «Altro che candidato oscuro. È un parlamentare attento e scrupoloso, preparato sulle vicende regionali. E lasciate che ve lo dica io, che alla Camera sono seduto accanto a lui. E vicino a De Luca».

domenica 12 agosto 2007

Non e' da concepire come allarmismo ma solo riflessione

L COMMENTO

L'ombra della crisi del '29
sui nostri risparmi

di EUGENIO SCALFARI


CI SONO state molte altre crisi finanziarie negli ultimi vent'anni del Novecento, dovute all'improvviso sgonfiarsi di bolle speculative. La crisi del rublo, quella dell'insolvenza messicana, quella dei "bonds" argentini, quella (e fu la più violenta e diffusa) che travolse i super-investimenti nell'industria informatica. E naturalmente le crisi petrolifere che portarono alle stelle i prezzi del greggio con ripercussioni non solo sulla finanza ma sull'economia reale. E tutte, ovunque fosse il loro epicentro iniziale, coinvolsero il centro finanziario del mondo: Wall Street, le grandi banche d'affari americane, l'immenso ventaglio dei loro clienti internazionali e multinazionali, chiamando in causa inevitabilmente anche la Federal Reserve, la Banca centrale americana, supremo regolatore del sistema monetario e finanziario del pianeta.

Ma nessuna di queste "fibrillazioni" somiglia a quella di questi giorni. Forse proprio perché nel caso attuale l'epicentro è nel sistema bancario americano, nei mutui immobiliari facili, nel loro piazzamento in titoli "derivati" e nella loro diffusione in molte istituzioni finanziarie internazionali.

La finanza Usa e la Fed questa volta non giocano di rimessa, ma giocano in proprio. Il sisma nasce lì, a Manhattan, nel cuore della Grande Mela e ciò aumenta la sua potenza diffusiva e le sue devastanti capacità.
C'è però un precedente cui la crisi attuale può esser confrontata ed è il terremoto finanziario del 1929. Lo si nomina poco in questi giorni, anche gli analisti che inclinano piuttosto al pessimismo fingono di dimenticarsene, forse per scaramanzia. Ma, pur nelle grandi differenze di contesto rispetto a ciò che accadde ottant'anni fa, le analogie sono impressionanti.

Consiglio ai lettori di procurarsi e di leggere un libro diventato fin dal suo primo apparire un classico in materia: "Il grande crollo" di Kenneth Galbraith. E' una lettura paurosamente affascinante. Intanto la crisi di oggi e quella del '29 cominciano allo stesso modo: una gigantesca bolla immobiliare, mutui facili, esposizione di istituti bancari specializzati in questo settore, fame di case concentrata soprattutto in California e in Florida, emissione di azioni da parte di società-fantasma, cieca fiducia dei risparmiatori, rifinanziamenti a breve da parte del sistema bancario, interventi (inutili) della Banca centrale e delle principali istituzioni finanziarie, in particolare le banche d'affari che facevano allora capo ai Rockefeller, ai Morgan, ai Rothschild.

Nel '29 vigeva il sistema aureo, non esisteva alcuna disciplina sul mercato dei cambi, New York, Londra, Berlino, Parigi erano in accesa competizione tra loro. Ciò aggravò e moltiplicò gli effetti del sisma che da una crisi di Borsa si estese al dollaro, dalla moneta americana alla sterlina e al marco tedesco e a tutto il sistema aureo, cioè a tutte le monete del mondo.
Per fortuna il sistema monetario mondiale è oggi completamente diverso, l'amplificazione dei fenomeni si verifica agevolmente ma è entro certi limiti governabile. Siamo più attrezzati di allora. Ma le analogie restano e i rischi sono tutt'altro che lievi.

Non starò ora a ripercorrere le tecniche dei mutui immobiliari, della loro cartolarizzazione in titoli, dei tassi di interesse prossimi allo zero per invogliare la clientela, dell'assenza di valide garanzie e infine nella diffusione anche fuori dal mercato Usa dei titoli - spazzatura e dei relativi rischi. Nei giorni scorsi tutto questo perverso meccanismo è stato ampiamente descritto e quindi lo do per noto.

Ricordo soltanto ai lettori che il mercato immobiliare e il suo enorme indotto coprono almeno un quarto dell'economia Usa. A loro volta i consumi privati rappresentano i due terzi della domanda interna di quel paese e gran parte di essi, specie tutta la fascia dei beni durevoli, è strettamente connessa alla costruzione di nuove abitazioni. Stiamo insomma discutendo di uno dei gangli vitali del sistema America e del "business" ad esso collegato.

Questo sensibilissimo settore è entrato in crisi di insolvenza. I clienti che hanno contratto mutui sono insolventi, non hanno soldi per pagare le rate; di conseguenza i loro creditori diventano man mano insolventi anch'essi; i risparmiatori che hanno affidato i loro risparmi a fondi d'investimento che hanno in portafoglio anche titoli immobiliari, ritirano i loro capitali; i fondi più deboli e più presi di mira cominciano a congelare le quote della clientela e creano in questo modo altri punti d'insolvenza. Purtroppo tra i fondi coinvolti ci sono anche alcuni fondi-pensione che sono tenuti dai loro statuti a corrispondere con periodica frequenza i dividendi ai pensionati. Per ora non si ha notizia di insolvenze in questo delicatissimo settore. Auguriamoci che i gestori dei fondi-pensione non siano stati troppo aggressivi nella ricerca di rendimenti superiori alla media.
Si tratta comunque di un'insolvenza abbastanza diffusa. Il governatore della Fed, in una recentissima dichiarazione, l'ha valutata a cento miliardi di dollari. Per ora le insolvenze acclarate ammontano a cifre molto minori, eppure sono state sufficienti a terremotare i mercati finanziari in Usa, in Europa, in Canada, in Australia. L'Asia, Giappone compreso, sembra al riparo dalla tempesta. Ma se e quando dovessero venire allo scoperto le insolvenze preannunciate da Bernanke, gli effetti potrebbero essere assai più micidiali.

Proprio per impedire che ciò accada e soprattutto per recuperare la fiducia dei risparmiatori e degli operatori, le Banche centrali hanno deciso di concerto di iniettare liquidità nei mercati con prestiti a breve e brevissimo termine ai sistemi bancari, accompagnando queste operazioni con inviti alla calma e solenni assicurazioni che la crisi è circoscritta, le insolvenze limitate, la liquidità comunque garantita e i "fondamentali" senza alcun contraccolpo. Non avevano altra strada, le Banche centrali, che stanno facendo egregiamente il loro lavoro. Riassorbire l'eccesso di liquidità quando non sarà più necessario non è tecnicamente difficile. Non è detto invece che il recupero di fiducia avvenga rapidamente.

Nella crisi del '29 non avvenne, anzi durò per molti mesi fino a creare effetti depressivi sulle economie reali. Abbiamo già detto che le autorità monetarie e le istituzioni finanziarie sono oggi molto più attrezzate di allora. Tuttavia la fiducia è un elemento immateriale e estremamente volatile. L'ostentata tranquillità delle Banche centrali e delle autorità monetarie può non esser sufficiente a ripristinarla.

Se poi prendesse corpo la speculazione ribassista con l'obiettivo di deprimere fortemente i listini di Borsa per poi ricoprirsi realizzando favolosi guadagni, come spesso avviene in situazioni del genere, non c'è Banca centrale che possa reggere né fiducia che possa esser recuperata. E' tuttavia difficile (o almeno così ci auguriamo) un intervento massiccio al ribasso. La situazione dei mercati si è fatta di colpo così delicata che un intervento speculativo al ribasso potrebbe produrre effetti di tale magnitudine da render poi impossibile per lungo tempo l'esito positivo per gli speculatori. C'è insomma un deterrente psicologico, e speriamo che basti a fermar la mano della speculazione.

La Borsa italiana ha preso nell'ultimo mese e in particolare negli ultimi tre giorni potenti scoppole, più o meno in misura analoga a quella degli altri mercati europei. Più per contagio che per reali insolvenze. Di queste ne sono finora venute alla luce assai poche. Quella, di circa 700 milioni, dei tre fondi della Paribas parzialmente congelati. Altre sulle quali per ora circolano soltanto voci.

Il contagio comunque si può propagare come il "venticello" della calunnia cantato da Don Basilio nel "Barbiere di Siviglia". Ma se non è sostenuto da evidenze concrete può essere rapidamente dissipato. Il caso italiano non sembra dunque particolarmente esplosivo. C'è un punto tuttavia che merita di esser considerato e riguarda i fondi pensione nei quali sono recentemente affluiti oltre un milione di pensionandi che hanno versato i loro Tfr col metodo del silenzio-assenso.

Si è fatto un gran can-can da parte della "setta" degli economisti liberali perché il collocamento del Tfr nei fondi non era stato sufficientemente incoraggiato dal governo. Era una menzogna e il risultato delle sottoscrizioni lo dimostra. Ma ora ci sarà chi rimpiangerà, tra i pensionandi che hanno scelto la previdenza complementare, di non aver versato i propri Tfr ai fondi aziendali gestiti dai sindacati o addirittura di non aver conservato il vecchio sistema della previdenza pubblica dell'Inps. Gli investimenti arrischiati di alcuni fondi - pensione americani ci dicono che anche la via della previdenza alternativa non è cosparsa di rose e fiori e che il mercato non è mai stato e mai sarà il paese di Bengodi se non per i pochi che possono manovrarlo a danno dei molti.

C'è un altro aspetto italiano che vale la pena di considerare. E' opinione diffusa che l'eventuale rallentamento della crescita della nostra economia, aggravato dai possibili effetti della crisi in atto, spingerà in alto l'onere del debito pubblico sul bilancio dello Stato. Personalmente credo sia un marchiano errore fare simili previsioni. La crisi finanziaria in atto ha aumentato e ancor più aumenterà la propensione dei risparmiatori a investire in titoli pubblici, Bot o pluriennali. Questa propensione produrrà un aumento della domanda di quei titoli e quindi un'occasione per il Tesoro di spuntare condizioni più favorevoli nel momento dell'emissione.

L'aspetto più preoccupante della situazione italiana sta invece nei possibili effetti di rallentamento sulla crescita del Pil che la crisi può esercitare. Rallentamento dovuto ad un calo nei consumi, allo sgonfiamento della bolla immobiliare che anche da noi è in corso e quindi nell'occupazione, nel reddito e negli investimenti nell'ampio indotto dell'industria edilizia.
A fronte di questi temuti effetti recessivi si ripete il suggerimento di accelerare le riforme. Ma quali?
Bisognerebbe specificare un po' di più se si vuole evitare la ripetizione giaculatoria della parola "riforme".

Le liberalizzazioni, certo. Ma non bastano, agiscono con ritardi tecnicamente inevitabili, non possono comunque essere effettuate tutte insieme in dosi massicce senza sconvolgere mercati alquanto sinistrati.
Il rallentamento nella crescita impone di concentrare l'azione del governo su quell'obiettivo. E quindi: favorire gli accordi governo-sindacati in favore della produttività; concentrare la spesa pubblica sui lavori pubblici e le infrastrutture; procedere a ulteriori sgravi fiscali sul lavoro e all'ulteriore sostegno dei bassi redditi.

Le crisi finanziarie hanno, come la loro storia ha invariabilmente dimostrato, l'effetto di accrescere la responsabilità e il ruolo dello Stato nel rilancio dell'economia. Così accadde nell'America del '29, dove la crisi spazzò via la lunga dominanza dei conservatori e aprì la stagione dei riformisti, dai tre mandati di Roosevelt, a Truman, a Johnson, a Kennedy, a Carter, a Clinton.

La ragione è evidente: le crisi determinano rallentamento nella domanda. La ripresa avviene rifinanziando la domanda. E quando è in sofferenza il settore delle costruzioni, affiancando all'investimento privato un massiccio e organico investimento pubblico. Tanto più in un paese come il nostro dove le infrastrutture sono carenti al Nord quanto al Sud. Su questa politica il governo può ritrovare compattezza ed efficacia. La situazione è già abbastanza seria per smetterla con i tiri alla fune e gli strappi per esibire una forza che isolatamente nessuno possiede.

giovedì 9 agosto 2007

La lettera del professionista deluso: «Pago 900mila euro di Irpef, ma so che saranno buttati»

Caro direttore, mi accingo in settimana a pagare oltre 900mila (sì, novecentomila) euro di Irpef e mi scusi se tengo, per ragioni evidenti, celato il mio nome ai suoi lettori. Sono, nonostante il mio alto reddito, un piccolo professionista di provincia, innamorato del suo lavoro, e che è stato sempre oltremodo fedele al dovere fiscale.

Non mi è mai pesato pagare le tasse; anzi, visto che i professionisti "vanno per cassa", mi sono sempre detto: «Se li pago, vuol dire che li ho riscossi»; inoltre, mi sono sempre auto-convinto del fatto che la mia annuale dichiarazione dei redditi rappresentasse una specie di "diploma" di aver avuto un bel successo professionale nel periodo d'imposta precedente.
Questo reddito lo ottengo lavorando in effetti moltissimo: mi sveglio alle 4,45 ogni mattina, lavoro ininterrottamente fino a notte, non mi concedo mai vacanze né weekend, vedo i miei famigliari raramente.
Ho una moglie santa, che per fortuna ha capito quanto il lavoro sia parte di me; ho due figlie splendide, di cui faccio fatica a incrociare lo sguardo perché sono convinto di sottrarre loro una ricchezza inestimabile, che è il tempo che invece dovrei dedicare loro. Spero almeno di insegnare loro che con l'impegno, anche se non siamo in America, si ottengono risultati.
Non lavoro per i soldi: a parte che non saprei come "godermeli", ho fatto un impegno con me stesso di avere uno stile di vita morigerato (e a imporlo alla mia famiglia) perché vengo da una famiglia piccolo borghesee intendo perpetuare i valori di queste origini. I soldi sono solo una conseguenza, non sono l'obiettivo o il presupposto.
Potrei lavorare di meno, dirà Lei. Certo, ma io appartengo a una categoria di persone che nel lavoro trovano una grande "realizzazione". In più, io ho scelto di fare il professionista con l'idea di dare il servizio intellettuale più eccellente possibile a chi me l'avesse chiesto: quindi mi impegno al massimo e cerco di trattare con la stessa attenzione sia le pratiche piccolissime che quelle ingenti. Non mi riesco a rifiutare a nessuno, faccio il possibile per accontentare tutti; insomma, anche se non mi sono mai drogato nemmeno con uno spinello, capisco benissimo cos'è la dipendenza e come sia difficilissimo uscirne. Vede? È agosto inoltrato, e io sono qui a lavorare!
Che c'entra tutto ciò, dirà Lei?
C'entra che mi sono stancato. Vedo in ogni momento della mia giornata quintalate di denaro nero; vedo le *****rie di chi specula illecitamente nel mercato finanziario; vedo gli uffici pubblici che non funzionano; vedo gravissimi sperperi di denaro pubblico; vedo la scuola che non insegna; vedo i ragazzi che si laureano e scrivono la tesi senza sapere l'italiano (altro che insegnarlo agli extracomunitari...); vedo i politici di un livello umano e professionale sotto qualsiasi soglia minima; vedo s*****zia in ogni angolo; faccio code insopportabili; subisco liste d'attesa da terzo mondo; vedo fannulloni che ingrassano e sprechi dappertutto. Vedo patrimoni pubblici in stato decrepito che, un solo minuto dopo esser stati "privatizzati", hanno sperticati aumenti di valore. Vedo treni indecenti, per pulizia e ritardi e autostrade inservibili a causa di montagne di traffico. Vedo inciviltà a ogni passo che muovo.
Vedo i Tribunali che non funzionano: c'è da tremare a entrare in un Tribunale avendo ragione, perché vi sono fondate probabilità di uscirne avendo torto; e così c'è l'incentivo a impostare la propria vita beffando gli altri, perché è molto probabile che ti giudichino non colpevole. Quando uno Stato non assicura giustizia, credo che sia uno Stato con la canna del gas in bocca. Discorsi populisti e superficiali, detti e stradetti, dirà Lei. Senz'altro. Ma resta il fatto che mi sono stancato. Vorrei poter trovare nuovi stimoli dedicando il mio versamento alla costruzione di un'opera pubblica specifica (per poter dire«l'ho finanziata io», almeno così i miei soldi servirebbero a qualcosa) invece di farlo finire nel calderone della finanza pubblica: non sono per nulla orgoglioso di formare un "tesoretto" a mio nome. Vorrei poter dire, quando entro in un ufficio pubblico: «Io vi pago, vorrei avere un servizio almeno decente ». Ma da solo mi rendo conto che sono discorsi da matti.
Resto quindi stanco e senza soluzioni.
Mi pesa francamente troppo l'aver lavorato come una bestia per versare 1 miliardo e 800 milioni di vecchie lire a un socio occulto (lo Stato) che non solo non mi aiuta, ma mi ostacola (dimenticavo: aggiungiamo anche 250mila euro di versamenti previdenziali, quisquilie!). E allora? Allora continuerò a lavorare (e a incassare), ma sento forte lo stimolo a smettere di pagare: a tenere i soldi da parte, senza rubarli, ma nascondendoli (non è difficile, lo fanno tutti); e a versarli, se già non li avrò dati in beneficenza, quando la classe politica se lo meriterà di nuovo (e, beninteso, non è quella che oggi è all'opposizione).
Ma temo che forse, sempre che credano negli stessi miei principi, li verseranno i miei eredi. (Le
ttera firmata)

sabato 28 luglio 2007

ANALISI PER PIAZZA AFFARI

Le borse mondiali non usciranno in tempi rapidi dalla fase orso di questi giorni. Ne sono convinti gli analisti contattati questa mattina da Finanza.com. La visione generale è che questa volta ci si trovi di fronte a qualcosa di più di una salutare correzione. E questo nonostante ci sia chi nel breve preveda un rimbalzo che potrà essere anche corposo.



“Il momento è molto pericoloso – spiega Luca Noto, fund manager di Mps A.m. – stiamo riducendo le posizioni di rischio dove possiamo. Il repricing delle asset class che più avevano corso e il forte calo dell’equity sono segnali da prendere seriamente anche se i sottostanti economici sono ancora buoni. Comprare equity ora è abbastanza rischioso”.



Gli fa eco Giorgio Radaelli, strategist di Banca Bsi: “C’è in atto un’avversione al rischio e la situazione è relativamente preoccupante. E’ probabile che la correzione non sia ancora finita, noi attualmente siamo sottopesati sull’equity, e le condizioni per rientrare ci saranno solo con un calo dei prezzi di almeno il 5% e un non peggioramento dei fondamentali. E’ il caso di ridurre anche se è un po’ tardi. Se si è molto lunghi adesso andrei comunque a benchmark”.



Un parziale conforto viene dall’analisi grafica. Chiara Locati, analista di Twice Sim non esclude infatti un rimbalzo: “L’S&P/Mib ha testato il supporto a 39300 punti, se riesce a tenerlo – spiega - non è da escludere un rimbalzo tra i 40500 e i 41500 punti che potrebbe essere anche vivace, per poi aprire la strada a una probabile nuova puntata verso il basso con target di arrivo a 38mila punti. Con l’aumento della volatilità, così come il ribasso è avvenuto velocemente, altrettanto potrebbe esserlo il rialzo. Il mercato in questi anni è salito tanto, una correzione potrebbe essere protratta, mi aspetto instabilità”.



Il repricing del credito e la fine del denaro facile potrebbero dunque indebolire ulteriormente i listini. L’economia reale finora non ha dato segni di cedimento (per il Pil Usa in uscita oggi è previsto un +3,2%), ma rischi esistono anche su questo fronte. “Il rischio contagio – spiega Radaelli – esiste e si potrebbe assistere a un effetto ricchezza sui consumatori, come quello che, stando alla stampa statunitense, cominciano a segnalare le case automobilistiche”. Oltre che i consumi il passo successivo delle crisi immobiliari e del credito potrebbe vedersi nei bilanci delle aziende. “Si rischia il rallentamento dei risultati finanziari - spiega Noto - a causa dell’iscrizione di perdite finanziarie nei libri societari.

giovedì 28 giugno 2007

bravo Veltroni.... peggio di altri

7 giugno 2007

Alla faccia della coerenza...



Guardate cosa giurava in tv Veltroni (video ripescato grazie a Daw):

Una sola domanda: e la coerenza, caro Walter, che fine ha fatto? Già, ma tanto
la gente dimentica in fretta le promesse strappa-applauso fatte in televisione.
E poi Veltroni, non dimentichiamocelo mai, è quello che aveva promesso che,
conclusa l'esperienza di sindaco di Roma, avrebbe lasciato la politica per
dedicarsi ad aiutare i bambini in Africa (che a questo punto lo vedranno
al massimo in cartolina Walter "il buono"). Per la leadership
del partito democratico c'erano
due possibilità: la serietà e la concretezza di Bersani, insomma la "sostanza"
di uno dei pochi che in Italia prova davvero a fare riforme in senso liberale
(ribadisco ancora una volta che personalmente stimo molto Bersani),
e il neo-kennedysmo all'amatriciana di Veltroni, insomma tanta "forma"
e poca sostanza. Significativo il giretto ad uso mediatico che Walter si è
fatto nel Paese di Don Milani. Con tutto il rispetto per Don Milani, l'Italia
ha molto più bisogno di progetti concreti, e sottolineo concreti, prima che
di celebrazioni in stile fiction con troupe tv al seguito. Dunque, la sostanza
di Bersani contro la forma di Veltroni. Ma nell'era mediatica, ahimè,
vince la forma.

martedì 26 giugno 2007

CHL E' PRONTA COME GIA' ANTCIPATO QUALCHE TEMPO FA'



Chl. A giorni Cda per incremento quota Cornell






martedì 26 giugno 2007 - 11:47

Con l’uscita dalla black list parte la nuova fase di crescita di Chl a livello industriale. Ma anche finanziario, con il fondo Cornell pronto a fare la sua parte. Il gruppo dopo l’ok di Consob ha avviato un piano massiccio di investimenti tecnologici per rafforzare la leadership in Italia del portale e-commerce. Nuovo sito, ma anche nuovi finanziamenti per crescere per linee interne con nuovi prodotti merceologici e accordi commerciali. Risorse finanziarie a sostegno di questo piano industriale che arriveranno anche dall’ulteriore incremento della quota del fondo americano Cornell Capital. Secondo quanto risulta a IlNuovoMercato, proprio nei prossimi giorni si terrà un Cda straordinario per deliberare l’ulteriore aumento di capitale per favorire l’ingresso di Cornell nel capitale di Chl. Sarebbe il primo step di una serie di successivi aumenti di capitale che dovrebbero portare nelle casse della società dei Franchi una cifra vicina ai 10 milioni di euro.

martedì 19 giugno 2007

ECONOMIA ITALIANA ANALISI A DIR POCO PERFETTA

Il pil Italiano cresce, a rilento ma cresce.
Eppure se guardiamo il rapporto PIL/Costo del debito pubblico ci accorgiamo come si e’ passati da un 4,5% del 2005 al 4,9% previsto per il 2008.
La ragione e’ semplice, l’aumento dei tassi di interesse passati in poco piu’ di 18 mesi dal 2% al 4% ha messo in ginocchio le finanze italiane.
La cosa assurda e’ che nessuno ne parla con la dovuta serietà! La crescita dei tassi penalizza il nostro paese in maniera sostanziale, eppure basterebbe che il tesoretto venisse utilizzato per ridurre il debito pubblico per rendere la situazione meno drammatica. Invece no. Nessuno vuole utilizzare il tesoretto nel modo piu’ appropriato.
Tanto siamo in Europa….qualcuno dice! Nel senso che, essendo in Europa, la spread dei tassi con quelli degli altri paesi non puo’ peggiorare. Questo e’ vero e chi se ne avvantagia sono le aziende/imprenditori sane ma non certo i cittadini!

Facciamo due conti in tasca a una famiglia media italiana:
Vediamo cosa succedeva 18 mesi fa quando i tassi erano al 2% e cosa potrebbe succedere se i tassi arrivassero al 4,5% per fine anno per la nostra famiglia.
Per ipotesi supponiamo che la famiglia abbia contratto un mutuo sulla prima casa per un importo di 200.000 euro a tasso variabile e abbia assets finanziari per 250.000 euro e una bassa propensione al rischio investendo il 20% in azioni e il resto in obbligazioni a breve.

2005!
Questa famiglia 18 mesi fa pagava il mutuo Libor (2%) + 70 basis point ovvero 2,7% ovvero 5400 euro all’anno.
Passiamo alle obbligazioni
200.000 Euro investiti in Bot al 2% tassati al 12,5% danno alla famiglia ricavi per 3.500 euro.
50.000 Euro in azioni al 15% di rendimento (rendimento medio degli ultimi anni) con tassazione al 12,5% danno 6550 euro
La somma porta a un ricavo di 10.050 Euro da attivita’ finanziarie.
Passiamo al valore della casa. 18 mesi fa le aspettative sul valore degli immobili erano di continua rivalutazione a tassi del 8% (media degli ultimi anni). Supponendo che l’immobile valesse 400.000 euro la famiglia si attendeva aumenti di patrimonio nell’ordine di 32.000 euro per anno da rivalutazione.
Quindi per riassumere. La famiglia media aveva costi per 5400 euro e ricavi per 10.050 (differenza positiva per 4650 euro) ai quali si aggiungeva una maggiore ricchezza da rivalutazione immobili per 32.000 euro.

Vediamo a fine 2007!
A fine anno la stessa famiglia paghera’ sul mutuo Libor (4.5%) + 70 basis point ovvero 5,2% ovvero 10.400 euro.
Ma la stessa famiglia guadagnera di piu’ sugli assets finanziari…??.vediamo
200.000 euro in Bot renderebbero il 4,5% tassati al 12,5% ovvero 7.880 euro.
Dalle azioni, con i tassi al 4,5% possiamo attenderci rendimenti inferiori (basta vedere che da inizio anno il mercato italiano abbia reso solo il 5%). Ipotizziamo un rendimento del 10%, ovvero 5000 euro che tassati al 12,5% danno un rendimento di 4.400 euro.
Passiamo al valore dell’immobile. Con tassi di interesse in aumento gli immobili diventano sempre meno interessanti. Ipotizziamo quindi un aumento del valore della casa del 4% ovvero di 16.000 euro.
Quindi la stessa famiglia 18 mesi dopo si ritrova costi per 10.400 euro e rendimenti di 12280 euro (differenza positiva di solo 1880 euro).
Il maggior valore degli immobili e’ atteso per 16.000 euro.

ALCUNE RIFLESSIONI:
L’aumento dei tassi di interesse non e’ positivo per una famiglia media. Infatti sui tassi di interesse attivi la persona paga il 12,5% di tasse mentre nulla puo’ detrarre dai tassi di interesse passivi.
Abbiamo visto che a distanza di 18 mesi il costo (da interessi) per un mutuo passa da 5400 euro a 10.400 (la differenza negativa e’ di 5000 euro). Sulle attivita’ finanziarie obbligazionarie si passa da rendimenti di 3500 euro a 7880 euro. La differenza e’ di 4380 euro. Quindi la tassazione al 12,5% incide in maniera significativa sulla differenza di rendimenti.

RICORDO CHE LA FAMIGLIA….
-se avesse investito in obbligazioni a lungo termine avrebbe perso molti soldi negli ultimi 18 mesi.
-se si fosse indebitata nel credito al consumo sarebbe stato ancora peggio.
-L’ipotesi di mercato azionario con performance positive e del continuo aumento del valore degli immobili non e’ detto che si avverino. Sono molti a credere che i mercati azionari non possano salire all’infinito con crescite a doppie cifre e che una discesa sia alle porte. Cosi come molti pensano che gli immobili possano addirittura scendere di valore.
-Non aggiungerei le spese accessorie per gli immobili che sono in forte aumento (tasse, costi di mantenimento)
-La crescita dei salari e’ancora molto bassa.
-La famiglia media italiana non ha Bot e Fondi azionari ma e’ stata riempita da prodotti strutturati e polizze unit link a capitale garantito che, in caso di scarsa salita dei mercati azionari (o discesa) porteranno a rendimenti vicino allo 0% mentre i tassi sono in salita. Uscire da tali prodotti sarebbe particolarmente oneroso.
di paolo barrai