Venerdì 23 Novembre 2007, 21:56 |
|
"La famiglia è la prima sede dove si comprende il significato dell'esistenza. In un mondo in cui prevalgono i valori del profitto, della ricchezza, del piacere, la cultura dell'accoglienza mira a coltivare i valori del servizio e del dono."
Venerdì 23 Novembre 2007, 21:56 |
|
Mutui: Portabilita'; Abi Approva Procedure, Snelliti Tempi
| ![]() |
BANCA MIA FATTI CAPANNA
di Eugenio Benetazzo
Ma cosa è successo al panorama bancario italiano ? Come siamo arrivati noi italiani ad avere un pool di istituti di credito, probabilmente i peggiori al mondo, che si contendono ogni giorno il raggiungimento di posizioni dominanti nel mercato ? Cosa è successo in meno di vent’anni da infrangere per sempre il rapporto fiduciario tra
banca e cliente tanto che oggi il piccolo risparmiatore italiano non si fida più di nessuno ? Che cosa ha trasformato le banche nel tuo peggior nemico ?
Per spiegare quello che è successo dobbiamo tornare indietro di oltre quindici anni quando il panorama bancario italiano era costituito da una distesa prateria di piccoli istituti di credito con spiccata vocazione territoriale, nella quale spadroneggiavano anche tre colossi nazionali, la Banca Nazionale del Lavoro, il Credito Italiano e la Banca Commerciale Italiana, tre banche storiche di diritto pubblico che erano presenti per prestigio e diffusione capillare su quasi tutte le piazze provinciali del paese con le loro mastodontiche agenzie di sportello.
Ricordo ancora il mio primo libretto di risparmio aperto in prima media presso la Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno ed Ancona, successivamente trasformatasi in Cariverona e poi tristemente fagocitata nel gruppo bancario denominato Unicredito. In quel tempo non esisteva l’esigenza viscerale di competere tra banche e banche, in quanto ogni istituto aveva trovato una propria dimensione e sviluppo legato alle caratteristiche del territorio ed a una propria vocazione imprenditoriale. Gli sportelli di banche differenti presenti su una stessa piazza si facevano concorrenza sulle modalità di erogazione del servizio e sul rapporto umano
che si instaurava con il personale che vi lavorava.
Vent’anni fa sarebbe stato impossibile che un direttore di banca vi proponesse di investire su un’obbligazione strutturata emessa da chi sa chi e per Dio sa cosa: i prodotti di risparmio tipici proposti erano i titoli di stato, i
pronti contro termine, i certificati di deposito oppure le obbligazioni emesse dalla stessa banca: prodotti a capitale protetto e rendimento garantito.
I correntisti ed i risparmiatori erano trattati allora come persone con specifiche esigenze sociali ed imprenditoriali, e non come avviene ora alla pari di insignificanti numeri di conto corrente a cui addebitare costi ed oneri di fantasia congiuntamente all’offerta di una copiosa varietà di prodotti porcheria.
Come siamo arrivati, allora, all’attuale situazione di mercato ? La risposta è piuttosto semplice: ottimizzazione dei costi e massimizzazione dei profitti. Le tanto osannate dottrine sui processi di arricchimento facilitato che si
insegnano in quelle fabbriche di replicanti clonati, che vengono definite business schools, hanno trovato prima applicazione proprio nel mondo bancario. Fu così che alcune banche comprendendo la possibilità di competere sui mercati internazionali in vista della definizione di un grande mercato unico europeo iniziarono ad unire le
forze nelle maniere più subdole: fondendosi, fagocitandosi o incorporandosi.
Questo processo portava ad aumentare spaventosamente la loro redditività in quanto se gli attivi dei patrimoni venivano sommati, lo stesso non avveniva per i costi, i quali subivano invece un consistente ridimensionamento (chiusura di filiali doppie sulla stessa piazza e licenziamento del personale in esubero).
Lentamente negli anni hanno preso forma i gruppi bancari che conosciamo tutti ed allo stesso tempo si sono verificati i grandi scandali finanziari che hanno depauperato intere generazioni di risparmiatori italiani. Anche questo è stato dovuto alla trasformazione del sistema bancario italiano, il quale ha iniziato a fare i conti con la prima legge del mercato dei capitali ovvero il rendimento in termini percentuali tra il dividendo erogato ed il prezzo di una singola azione.
La necessità di conseguire utili e rendimenti sempre più crescenti ha spinto i banchieri ad individuare nuove aree di profitto senza compromettere o aumentare l’esposizione al rischio della banca: per quanto motivo sono proliferate commissioni, oneri e costi per servizi di base (che in molti paesi sono completamente gratuiti).
Parallelamente si è sviluppato anche uno straordinario mercato di prodotti porcheria per la gestione del risparmio, infatti questi gruppi bancari si sono resi conto che è molto più conveniente per i loro bilanci e per il loro profitto, gestire i vostri risparmi applicandovi oneri e commissioni senza così esporre la banca in alcun modo
al rischio imprenditoriale. Il marcio del sistema ha trovato la sua massima manifestazione quando i grandi gruppi bancari hanno individuato nell’utilizzo del budget, lo strumento di eccellenza per la propria pianificazione aziendale. Con il
budget, infatti, si stabiliscono a priori i risultati che il gruppo bancario deve conseguire per massimizzare il suo profitto e a questo dictat si devono prostrare tutti i dipendenti della banca, dai funzionari ai cassieri.
Non cè da stupirsi quindoi se esistono banche che concedono in comodato gratuito una Ferrari per una settimana come bonus o incentive per il raggiungimento del budget ad un direttore di filiale, se questo è riuscito a far erogare un determinato numero di mutui ipotecari ad intervento integrale (quindi 100 %) a condizioni proibitive (mi piacerebbe potervi fare i nomi e cognomi) ! Non mi dilungo sul personale di sportello, soggetto ad un tasso di turnover improponibile (ogni mese avete un
referente diverso), nella maggior parte dei casi, vi trovate di fronte a persone frustrate, impantanate in un lavoro che non ha futuro, destinate per anni a contare il denaro e gli assegni, oppure a passare carte su carte tra lo sportello e la direzione amministrativa. Ecco il motivo per cui non vi dovete fidare di quello che vi propongono: perché quello che vi viene presentato, deve prima portare ricchezza alla stessa banca. Questa trasformazione del sistema bancario ha tuttavia prodotto o indirettamente causato anche un effetto collaterale, che forse non si era opportunamente valutato: per la prima volta si è venuto ad infrangere il rapporto
fiduciario che si riponeva nelle banche o nelle persone che vi lavorano, dubitando profondamente su tutto quello che viene raccontato od offerto allo sportello. Non a caso sono ripresi con grande frequenza e dimensione fenomeni di espatrio di capitali (a volte anche con modalità illegali) nei confronti di centri finanziari ritenuti
storicamente più seri ed affidabili.
Comunque questo paese e la sua inerte classe politica lasciano veramente poco a che pensare, ma ancor di più la sua popolazione: se gli toccate la squadra di calcio allora preparatevi a vedere scali e porti marittimi bloccati da orde di tifosi che barricano gli accessi, mentre se qualcuno (coperto dalla compiacenza politica di chi
ci governa) vi sottrae illegalmente 50 euro dal vostro conto corrente, vi limitate semplicemente a lamentarvi stile bambino dell’asilio a cui hanno rubato la merendina. Chi è causa del suo male, pianga se stesso.
da Mercato Libero
PROFUMO: MI DA FASTIDIO (Sapessi a noi….)Profumo attacca Bazoli affermando che le parole di Bazoli gli danno fastidio...
Alessandro Profumo, al quotidiano francese Les Echos: "Alcuni dicono che le Generali devono restare indipendenti in modo da poter esercitare la loro influenza. Ciò mi dà fastidio" ha detto Profumo, riferendosi al presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli!
Francamente siamo stufi di mezze frasi, di scaramucce, di tatticismi anti mercato.
Evviva davide Serra, Evviva Matteo Arpe.
Evviva gli uomini di rottura.
E' vero, sono a caccia di utili e profitti, ma chi non lo è?
Basta vedere gli stipendi dei manager di Generali!
Lo stesso attacco di Serra andrebbe fatto in politica alla nostra classe dirigente e all'opposizione. Tutti a far finta di litigare per poi cercare di mettersi daccordo per continuare a poter far politica.
Se a Profumo gli da fastidio Bazoli perchè non appoggia Serra? Una bella scalata a Generali ora è possibile, anche a Mediobanca, di cui possiede il 19%.
All'antitrust ci si penserà dopo....
Ma in Italia si sa...esiste sempre un Corriere della sera, un giornalista , un giudice che diranno la loro bloccando l'anima del mercato.
RISPARMIO GESTITO O RISPARMIO TRADITO? Ecco il pensiero del governatore:
“risultati insoddisfacenti, non solo per colpa del fisco. Gestori cari rispetto ai
rendimenti. Il legame con le banche ha ostacolato «la concentrazione delle fabbriche prodotto»
I fondi comuni italiani, riconosce il governatore, sono stati a lungo penalizzati fiscalmente rispetto a quelli esteri, ma l’industria deve comunque essere in grado di fare mea culpa e riflettere sui motivi della progressiva disaffezione dei risparmiatori nei suoi confronti. «La qualità delle gestioni non di rado è insoddisfacente rispetto ai costi - ha osservato il numero uno di Palazzo Koch - Non sorprende che l’andamento più sfavorevole abbia contraddistinto i fondi obbligazionari e monetari per i quali il peso delle commissioni è particolarmente elevato». Nel mirino di Draghi è finita la governance delle Sgr, che avrebbero un numero troppo esiguo di consiglieri indipendenti, e il rapporto troppo stretto tra fabbriche prodotto e reti di vendita. «Queste ultime hanno un ruolo decisivo nello sviluppo delle masse in gestione e nella ripartizione dei ricavi». Il problema fiscale in ogni caso va risolto al più presto. «È un handicap serio cui occorre intervenire», ha detto il governatore
PER RIASSUMERE I PRODOTTI ITALIANI DEL RISPARMIO GESTITO, A DETTA DEL NOSTRO GOVERNATORE HANNO LE SEGUENTI CARATTERISTICHE:
- FISCALITA’ PENALIZZANTE,
- INCAPACITA’ GESTIONALE (RISULTATI DELUDENTI)
- GOVERNANCE INSODDISFACENTE
- TROPPO POTERE DELLE RETI DI VENDITA
Ora le sue parole equivalgono a dire:
- Risparmiatore non comprare prodotti delle banche italiane
- Risparmiatore non ti fidare del promotore che ti vende prodotti
d’investimento italiani
- Risparmiatore non ti fidare della banca sottocasa se ti dice di comprare
prodotti italiani del risparmio.
Ora, queste parole sarebbero tacciate di concorrenza sleale o di falsa pubblicità comparativa se uscissero dalla bocca di un consulente finanziario indipendente come me. Ma dato che tali affermazioni arrivano dal massimo esponente della Banca d’Italia, allora il risparmiatore ha l'obbligo di preoccuparsi.
Il governatore dice che i prodotti del risparmio gestito italiano non sono prodotti validi. Quindi se li compri non fai certo un buon affare. E, automaticamente bisogna fuggire da coloro i quali te li propongono (reti, private bankers, ufficio titoli della banca ecc ecc).
A questo aggiungo che se la banca ti offre prodotti prodotti d’investimento estero vestiti, ma gestiti sempre dallo stesso team di gestione italiano che ha risultati insoddisfacenti in Italia... la musica non cambia. È difficile pensare che il prodotto sia migliore. Occhio poi al costo dei prodotti esteri. A volte costano di più in modo da mangiarsi il vantaggio fiscale che invece deve rimanere in capo a chi investe. La maggior parte dei prodotti d’investimento di società italiane d’investimento che hanno aperto i loro uffici in Lussemburgo o in Irlanda soffrono dei medesimi problemi sui risultati che affliggono i prodotti italiani. Per giunta la società di gestione estera subisce una tassazione sugli utili inferiore a quella italiana. Quindi tale vantaggio dovrebbe essere girato, in parte al consumatore.
A riprova di quanto detto, riporto le parole di Giuliani, direttore generale di una delle principali società del risparmio gestito in Italia:
«Purtroppo quello che dice Mario Draghi è la realtà. In Italia ci sono pochissime scuole gestionali di valore che possono vantare una storia di successo provata da fatti e non da slogan commerciali. In molti casi i rendimenti medi offerti ai clienti, al netto dei costi e della fiscalità, sono insoddisfacenti. Il 90% dell'industria rende in media sui 5 anni meno dei Bot: occorre concentrarsi molto di più sulla qualità dei rendimenti offerti, pensando solo al cliente». Ma chi è il vero colpevole dell’ «andamento insoddisfacente» dei fondi italiani lamentato ieri da Draghi? «Oltre alla gestione - risponde il numero uno di Azimut - grosse responsabilità sono da attribuire anche alle reti distributive che hanno dimostrato di avere molte difficoltà nell'orientare i clienti in modo corretto negli anni. Considerato che alcune asset class, hedge e flessibili a parte, hanno reso zero o addirittura perso, è ovvio che il livello di insoddisfazione sia elevato. E, infine, da un orientamento eccessivo al conto economico di breve termine che ha portato alla diffusione di strumenti poco trasparenti, molto costosi e poco flessibili. Essere spinti da logiche di budget di breve termine e non dalla soddisfazione del cliente nel medio/lungo è molto dannoso per l'industria».
Infine ricordo la raccolta di settembre per il risparmio gestito italiano segna un
–9,3 miliardi di euro. Vuoi essere l'unico che rimane con il cerino in mano?
IL RISPARMIATORE E’ ABBINDOLATO DALLE BANCHE!!! PAROLA DI GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA
Ieri Draghi, nel suo discorso, in occasione della giornata del del risparmio ha fatto pesanti interventi contro il sistema bancario e a favore del risparmiatore.
In particolare si è soffermato su tre aspetti: Mutui, Conti Correnti, Risparmio Gestito.
Il governatore ha affermato che in tutti questi prodotti il risparmiatore è abbindolato dalle banche. Il risparmiatore non è capace di scegliere e indirizzarsi verso prodotti efficienti.
Vediamo i vari prodotti a uno a uno:
MUTUI
Draghi ha affermato che i tassi d’interesse potrebbero salire nei prossimi mesi. Incredibile! Il nostro governatore, mentre i tassi americani scendono, ci dice che i tassi saliranno. Visionario o Preveggente? Io ritengo che abbia ragione e ci vuole aiutare. Ci dice che l’inflazione è alle porte. Ma non l’inflazione che porta a un maggior valore degli assets immobiliari (come accadeva negli anni 70). Ma un’inflazione cattiva che arriva direttamente dalla Cina e di cui noi subiremo solo gli svantaggi! Il governatore ci dice di non indebitarci! O se lo facciamo, di valutare un tasso fisso! Questo è il primo messaggio. (a proposito, inflazione record e grosso aumento dei prezzi alla produzione sono segnali preoccupanti).
Contribuenti in allerta: da lunedì 29 ottobre 2007 via libera alle indagini finanziarie mirate. Con la possibilità per gli 007 del fisco di interrogare direttamente e immediatamente il c.d. "Archivio dei rapporti con gli operatori finanziari", l'utilizzo dell'accertamento bancario rischia di essere ancora più penetrante ed efficace. Se il fisco punta con decisione a questa azione di contrasto i contribuenti dovranno munirsi di tutte le precauzioni e gli strumenti, giuridicamente consentiti, per evitare spiacevoli sorprese. La banca dati che si apre agli ispettori tributari, contiene oltre 450 milioni di rapporti (si veda ItaliaOggi del 24 ottobre scorso) ed è costruita ed aggiornata sulla base delle comunicazioni effettuate all'anagrafe tributaria dagli operatori finanziari ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del dpr n. 605/1973
. Al suo interno, ordinati in base al codice fiscale del soggetto sia esso persona fisica o meno, è contenuto un vero e proprio censimento dei più disparati rapporti intrattenuti dai contribuenti. Il vero "pericolo" per i contribuenti si annida sostanzialmente in due direzioni: il censimento da parte del fisco anche delle c.d. operazioni fuori conto o extra-conto e la retroattività dell'eventuale accertamento bancario.Le operazioni fuori conto consistono in tutti quei rapporti, spesso di tipo spot, che un soggetto può effettuare per le più disparate finalità ma che, proprio perché non transitate all'interno della ordinaria rendicontazione bancaria possono apparire, perlomeno in prima battuta, più sospette a un verificatore esterno e allo stesso tempo più difficili da "ricostruire" da parte del soggetto che le ha poste in essere. Fra queste operazioni ricordiamo per esempio il cambio assegni, la richiesta di emissione di assegni circolari dietro presentazione di altri titoli o di denaro contante, l'acquisto di valuta estera etc.Naturalmente tenuto conto della forza probatoria attribuita alle indagini bancarie condotte nei confronti dei soggetti titolari partita Iva e dei soggetti a essi legati da vincoli di parentela e coniugio, il consiglio è quello di limitare al massimo tali operazioni e comunque conservare sempre, per quanto possibile, memoria anche documentale dell'operazione compiuta. Peraltro l'estensione degli obblighi di natura finanziaria e delle presunzioni relative alle somme transitate sui conti correnti anche per gli esercenti attività professionale estende la platea dei soggetti a rischio e per i quali la mancata o insufficiente possibilità di provare il contenuto di queste operazioni, riconducendole più o meno direttamente ai movimenti della contabilità, può costituire facile eccezione da parte degli organi verificatori.Più l'amministrazione finanziaria ha facilità e rapidità d'accesso ai rapporti bancari e finanziari del contribuente, più l'utilizzo di questa particolare modalità di accertamento può essere invasiva soprattutto se combinata da altre forme di ricostruzione più o meno indirette del giro d'affari o del reddito del contribuente.Si pensi ad esempio alla combinazione di strumenti quali il redditometro o gli studi di settore con una successiva indagine finanziaria a 360 gradi sui rapporti che il contribuente e i suoi parenti più stretti intrattengono con banche, società finanziarie, società fiduciarie e altri soggetti.Di fronte alle presunzioni, generalmente semplici, degli strumenti sintetici o induttivi di determinazione del reddito, la presenza all'interno dello stesso periodo d'imposta di movimentazioni in entrata sui conti correnti o di operazioni di sportello per le quali il contribuente, magari a distanza di qualche anno, non riesce a fornire idonea giustificazione anche documentale, può rafforzare l'attività istruttoria del fisco e sfociare in un atto di accertamento difficilmente contrastabile in contraddittorio prima e in contenzioso dopo. In questo senso merita ricordare che la circolare n. 32/E del 19 ottobre 2006 ha chiarito che: "La nuova strumentazione è rivolta a una attività di selezione preventiva al fine di dimensionare più precisamente le indagini e, quindi, di consentire, anche in funzione del rispetto della privacy dei contribuenti, agli uffici procedenti, almeno tendenzialmente, di coinvolgere solo gli intermediari che hanno intrattenuto rapporti con i contribuenti medesimi".Le informazioni contenute nell'archivio saranno utilizzate quindi per le richieste di dati, notizie e documenti di cui all'articolo 32, primo comma, numero 7 del dpr n. 600/73 ai fini delle imposte sui redditi nonché, in materia di imposta sul valore aggiunto, per le stesse richieste effettuate ai sensi dell'articolo 51, secondo comma, numero 7 del dpr n. 633/72.Tornando alle cautele che i contribuenti dovranno ancor di più adottare nel prossimo futuro per contrastare quello che potrebbe essere un vero e proprio tiro incrociato del fisco, occorre ricordare che all'interno dell'archivio dei conti correnti, l'amministrazione finanziaria dispone già di tutte quelle informazioni che consentono di individuare soggetti collegati o collaterali ai rapporti in essere. Si pensi ad esempio alle c.d. deleghe di firma, strumento frequentemente utilizzato per poter movimentare conti correnti intestati ad altri soggetti o ancora alla cointestazione a più soggetti di un medesimo rapporto. In tutte queste ipotesi, d'ora in avanti, nessuno potrà più "bleffare" di fronte agli ispettori fiscali per i quali dette situazioni saranno già note ancor prima che il soggetto passivo possa sospettarlo o averne espressa menzione.Si chiude quindi un cerchio attorno ai contribuenti. La manovra è iniziata con il dl 223/06, la c.d. Visco-Bersani, e si concluderà lunedì prossimo quando le chiavi dell'archivio unico dei conti correnti bancari saranno a disposizione dei funzionari dell'Agenzia delle entrate e dei militari della Guardia di finanza. Tracciabilità degli incassi e dei pagamenti, obbligatorietà della tenuta di uno o più conti correnti dedicati per l'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, obbligo di indicazione negli atti di compravendita dei titoli e dei mezzi di pagamento, tutto conduce attorno ad un unico risultato: sempre più difficoltoso se non impossibile utilizzare il denaro contante per effettuare pagamenti o per riscuotere prestazioni.E non sono solo i conti bancari o postali che possono dare dispiaceri ai contribuenti. Sotto la lente del grande fratello fiscale, ossia della banca dati dei movimenti finanziaria contenuta nell'anagrafe tributaria, ci sono anche le operazioni fatte con le società di leasing, con le società finanziarie, con le fiduciarie, con le Sicav, con le Sgr e con tutto il mondo degli intermediari finanziari in genere. Si pensi ad esempio alle particolari comunicazioni che la circolare n. 18/E del 2007 ha previsto per le holding di partecipazioni, iscritte nella sezione speciale ai sensi dell'articolo n. 113 del Tub. Esse devono infatti comunicare all'anagrafe tributaria: partecipazioni detenute, finanziamenti ricevuti dai soci, prestiti obbligazionari, garanzie rilasciate. Particolari tipologie di rapporto sono oggetto di comunicazione anche da parte delle società di leasing per quanto riguarda eventuali cessioni anticipate del contratto, subentri etc.Niente insomma sembra poter più sfuggire e l'aspetto peggiore, per il contribuente, è che il fisco potrà ottenere tutte queste informazioni con estrema semplicità decidendo poi, in un momento successivo, come agire e su quali strumenti o rapporti puntare il dito.Restano comunque tutta una serie di garanzie e tutele a protezione dei soggetti passivi fra le quali ricordiamo le particolari modalità di accesso e di trattamento dei dati contenuti nella c.d. anagrafe dei conti correnti. Le regole in materia sono le seguenti:· Per l'accesso dei dipendenti dell'Agenzia delle entrate, l'autorizzazione del direttore centrale accertamento o del direttore regionale mentre per gli appartenenti al corpo della Guardia di finanza sarà necessaria l'autorizzazione del comandante regionale;· Per il trattamento dei dati il provvedimento del 19 gennaio 2007 ha precisato che le notizie contenute nella banca dati saranno trattate esclusivamente dal personale dell'amministrazione finanziaria incaricato dei controlli;· Per quanto riguarda l'accesso alla banca dati da parte degli agenti della riscossione invece, le informazioni relative all'esistenza e alla natura dei rapporti finanziaria dei contribuenti saranno dagli stessi utilizzabili solo ai fini della riscossione tramite ruolo o previa autorizzazione rilasciata dai direttori generali degli agenti della riscossione.Descritto lo scenario non resta che provare a dare alcuni suggerimenti. I più scoperti di fronte agli accessi bancari sono storicamente i soggetti in contabilità semplificata e i liberi professionisti. È necessario che questi contribuenti contabilizzino e tengano conto e documentazione di ogni movimentazione effettuata sia sui conti correnti dell'attività che sui conti per i quali hanno delega ad operare o altri tipi di accesso. Utilizzare sempre di più e con più frequenza strumenti di facile e sicura tracciabilità che consentono, anche in ipotesi di spese a carattere familiare ed extra-attività lavorativa, di potersi giustificare di fronte al fisco quali: carte di credito, bancomat, ricevute bancarie, bonifico, assegni etc..L'home banking è un altro strumento che grazie alla flessibilità e alla facilità e comodità di utilizzo, nonché ai bassi costi d'impiego, può rivelarsi estremamente utile al proposito.A questo punto per chi vuole dormire sonni tranquilli sembrano esserci una sola soluzione: aprire un conto corrente presso una banca svizzera. Come si suole dire "uomo avvisato, mezzo salvato.
| |
La consulenza in materia di investimenti rappresenta oggi un servizio accessorio che può essere prestato da chiunque, persona fisica o giuridica, senza alcuna preventiva autorizzazione.
A seguito dell’applicazione in Italia della Direttiva MIFID 2004/39/CE, prevista nel termine del 1° novembre 2007, la consulenza in materia di investimenti tornerà ad essere considerata quale servizio di investimento che potrà essere prestato solo dagli intermediari abilitati muniti di specifica autorizzazione amministrativa.
In sostanza, il legislatore comunitario, preso atto della rilevanza e della “potenziale rischiosità” insita nel servizio di consulenza in materia di investimenti, ha ritenuto di riservare l’esercizio di tale attività agli intermediari abilitati, sottoposti a specifiche disposizioni in materia di autorizzazione e regole di condotta applicabili nell’esercizio dell’attività.
C’è da chiedersi, in attesa dei provvedimenti di attuazione da parte del legislatore italiano, quali saranno i precisi confini della definizione dell’attività di consulenza, quali saranno i soggetti che potranno prestare tale attività e, non da ultimo, quali saranno le principali condizioni di esercizio e regole di comportamento.
La Direttiva MIFID 2004/39/CE definisce l’attività di consulenza in materia di investimenti come “la prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell’impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari” (cfr. art. 4, paragrafo 1, punto 4, Direttiva MIFID 2004/39/CE).
L’elemento caratterizzante dell’attività di consulenza in materia di investimenti è la “personalizzazione”.
Affinché si possa parlare di consulenza è necessario che la “raccomandazione personalizzata” sia diretta ad uno specifico investitore, deve essere basata sulle caratteristiche specifiche della persona e deve avere ad oggetto una specifica operazione di investimento in strumenti finanziari (cfr. art. 52 dalla Direttiva MIFID 2006/73/CE).
Non costituisce consulenza in materia di investimenti, la consulenza in merito a strumenti finanziari fornita in un quotidiano, giornale, rivista o qualsiasi altra pubblicazione destinata al pubblico indistinto (incluso Internet), ovvero attraverso trasmissioni televisive o radiofoniche (cfr. considerando n. 79 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).
Al pari, una consulenza “generica” in merito ad un tipo di strumento finanziario non è consulenza sottoposta a riserva di attività, ciò in quanto la consulenza in materia di investimenti quale servizio di investimento deve avere ad oggetto specifici e determinati strumenti finanziari (cfr. considerando n. 81 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).
Occorre poi considerare, che la Direttiva 2004/39/CE non si applica “alle persone che forniscono consulenza in materia di investimenti nell’esercizio di un’altra attività professionale” non espressamente disciplinata dalla stessa direttiva, a condizione però che “tale consulenza non sia specificamente rimunerata” (cfr. art. 2, paragrafo 1, lett. j) della Direttiva 2004/39/CE).
Individuata in tal modo la definizione dell’attività di consulenza, è opportuno chiarire quali soggetti potranno essere autorizzati a prestare tale attività riservata. In primo luogo è necessario chiarire che i soggetti, persone fisiche o giuridiche, che presteranno attività di consulenza saranno riconosciuti quali imprese di investimento e saranno soggetti ai requisiti iniziali previsti per la prestazione dei servizi di investimento (artt. 5-15 della Direttiva MIFID 2004/39/CE).
Al fine di evitare oneri eccessivi a carico dei consulenti, è peraltro previsto un regime di adeguatezza speciale per i soggetti che presteranno esclusivamente il servizio di consulenza in materia di investimenti.
Le imprese di investimento organizzate in forma societaria dovranno avere un capitale iniziale di almeno 50.000 euro, mentre le persone fisiche dovranno sottoscrivere idonea polizza assicurativa contro la responsabilità derivante da negligenza professionale, con copertura assicurativa di almeno 1.500.000 euro all’anno e di almeno 1.000.000 euro per ciascuna richiesta di indennizzo (cfr. art. 67, paragrafo 3, della Direttiva MIFID 2004/39/CE).
Numerose polemiche aveva suscitato il disegno di legge n. 1014 approvato dal Senato in cui si limitava l’esercizio dell’attività di consulenza in materia di investimenti alle banche ed ai soggetti costituiti in forma di società per azioni, escludendo di fatto le persone fisiche.
Siffatta limitazione era in contrasto con quanto previsto dalle Direttive MIFID e rischiava di escludere i c.d. consulenti indipendenti rimunerati a parcella (c.d. “fee only”). Il disegno di legge n. 1014 è stato prontamente emendato ed è stata prevista la possibilità per le persone fisiche di prestare il servizio di consulenza, a condizione che siano in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia e la Consob.
Nell’esercizio della loro attività tutti i consulenti saranno chiamati al puntuale rispetto delle regole di comportamento che prevedono, tra l’altro, obblighi specifici in materia di identificazione e comunicazione ai clienti delle ipotesi di conflitti di interesse (cfr. art. 18 Direttiva MIFID 2004/39/CE), nonché specifici obblighi in relazione alle informazioni che il consulente è tenuto ad acquisire dal cliente per essere in grado di raccomandare strumenti finanziari adatti al clienti stessi ed adeguati al loro profilo (cfr. art. 19, paragrafo 4 Direttiva MIFID 2004/39/CE).
E’ importante notare che nel caso in cui il consulente non ottenga dal cliente le informazioni circa conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, situazione finanziaria ed obiettivi di investimento, il consulente stesso dovrà astenersi dal prestare attività di consulenza in materia di investimenti (cfr. art. 19, paragrafo 4, della Direttiva 2004/39/CE - art. 35, paragrafo 5, della Direttiva MIFID 2006/73/CE).
Distinta dall’attività di consulenza in materia di investimenti è l’attività di studio, ricerca ed analisi in materia di investimenti, attività qualificata dalla Direttiva MIFID 2004/39/CE come servizio accessorio, non sottoposta ad autorizzazione né a riserva di attività.
L’attività di ricerca ed analisi è il servizio che ha ad oggetto “ricerche o altre informazioni che raccomandino o suggeriscano, esplicitamente o implicitamente, una strategia di investimento, riguardante uno o diversi strumenti finanziari o gli emittenti di strumenti finanziari, compresi i pareri sul valore o il prezzo attuale o futuro di tali strumenti, destinate a canali di distribuzione o al pubblico, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) esse vengano designate o descritte come ricerca in materia di investimenti (…) b) se la raccomandazione in questione venisse fatta dall’impresa di investimento ad un cliente, non costituirebbe consulenza” (cfr. art. 24 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).
L’attività di studio, ricerca ed analisi in materia di investimenti è considerata dalla Direttiva MIFID quale sottocategoria delle raccomandazioni di investimento disciplinate dal legislatore comunitario con la Direttiva 2003/125/CE, recepita dal legislatore italiano con la l. 18 aprile 2005, n. 62 il cui art. 9 ha modificato la disciplina delle comunicazioni al pubblico di cui all’art. 114 del d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 (T.U.F.).
Lo stesso art. 114 del T.U.F. è stato successivamente modificato dalla l. 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d. Legge Risparmio”). A tali modifiche della normativa primaria, è seguita poi la modifica dell’art. 69 del Regolamento Consob n. 11971/1999 (c.d. “Regolamento Emittenti”).
Le “raccomandazioni” di cui alla Direttiva 2003/125/CE e le “ricerche in materia di investimenti” di cui alla Direttiva MIFID sono in un rapporto di genere a specie.
Le caratteristiche proprie della ricerca in materia di investimenti, che la distinguono dalla consulenza sono: la destinazione al pubblico (non quindi al singolo cliente), la riconoscibilità quale ricerca in materia di investimenti e l’inidoneità ad essere qualificata quale consulenza in quanto non “costruita su misura” di un singolo cliente.
E’ importante considerare che la prestazione del servizio di studi, ricerche ed analisi finanziarie, laddove sia svolta da imprese di investimento unitamente ad altri servizi di investimento, è sottoposta alla regolamentazione citata in precedenza in materia di conflitti di interesse e informazioni da ricevere e fornire ai clienti (artt. 18 e 19 della Direttiva MIFID 2004/39/CE).
L’attività di ricerca ed analisi indipendente e specialistica svolta da soggetti che non sono imprese di investimento, non è invece soggetta ai suddetti obblighi in quanto esula dal campo di applicazione della Direttiva 2004/39/CE.
La prossima settimana ci occuperemo delle regole di comportamento che gli intermediari devono rispettare nei rapporti con i clienti e delle distinzioni tra clienti al dettaglio, clienti professionali e controparti qualificate.
De Mita all’attacco «Spettacolo penoso» | |
![]() DALL’INVIATO ALDO BALESTRA Lioni. «Mi dispiace, dovrete fare ancora i conti con la mia presenza». Ciriaco De Mita sale sul palco del centro sociale di Lioni, a due passi dalla sua Nusco, e con una battuta esorcizza la questione, in via di sofferta soluzione, del mancato accoglimento delle liste nazionali di Campania Democratica. Il fidato Mario Sena, capogruppo della Margherita in Regione Campania, via telefono ogni tanto s’informava sull’esito del ricorso. Ma De Mita, che apre la campagna elettorale per le Primarie del Pd nel collegio Alta Irpinia, nemmeno sembra preoccupasi più di tanto. Certo, quella ricusazione, per quanto «tecnicamente frutto dell’utilizzo di un meccanismo procedurale male interpretato», per lui resta una «provocazione». «Sì, non mi spiego - confida - tutto questo in un partito che nasce, che si fa, che è per aggregare e non ”contro” qualcuno. Logico che non ci sia entusiasmo, sarebbe strano se ci fosse, perchè è difficile suscitare entusiasmo se i giocatori della squadra si prendono a calci». Ed allora De Mita, di ritorno ieri da Roma, racconta che quasi stava disertando l’appuntamento serale di Lioni, al cospetto di centinaia di persone, accolto dalla padrona di casa Rosetta D’Amelio, diessina lionese ed assessore regionale alle Politiche sociali, capolista di Campania Democratica per l’assemblea regionale. «Certo - afferma De Mita - non c’è partecipazione rassegnata, ma nemmeno entusiasta. Dobbiamo crescere, dialogare, far capire. Noi qui in Irpinia le liste le abbiamo fatte bene, abbiamo integrato esperienze e nuova linfa». Il leader della Margherita, allora, ascolta con attenzione l’intervento di una ragazza ventenne altirpina, Luana Evangelista, della Sinistra Giovanile, che lo segue in lista, al numero due. «Proviamo insieme a saldare - le dice De Mita - tensione ideale dei giovani e sapienza». Il leader di Nusco è animale elettorale, che si sente già dentro la competizione. «Da questo collegio - afferma - mi aspetto che la lista raccolga almeno 15mila consensi». E l’assessore regionale, D’Amelio, afferma che «il compito di tutti i candidati sarà quello della mobilitazione, del portare al voto gente che si convinca che con la partecipazione si può approdare ad un nuovo orizzonte politico che, in Veltroni, ha il suo garante». E se Sena (capolista regionale in Bassa Irpinia, e dunque lontano dalla natia Sant’Angelo) avvisa sui «rischi verso il 14 ottobre di una deriva inquinante, di intrighi e infiltrazioni tesi a delegittimare», De Mita non resiste a qualche chiosa feroce. Verso Gad Lerner che l’ha recentemente criticato («ma ad Avellino, in un confronto con me, non aveva detto che mi avrebbe visto come padre nobile del Pd? Sia chiaro, ho deciso io di non candidarmi quando mi sono accorto che potevo farlo»), Rosy Bindi («lei parla contro le oligarchie, ma chi l’ha messa al governo, forse lo Spirito Santo?») ed Enrico Letta («è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, senza mai essersi impegnato in una campagna elettorale»). E difende, De Mita, il «suo» candidato campano per il Pd, Tino Iannuzzi. Così: «Altro che candidato oscuro. È un parlamentare attento e scrupoloso, preparato sulle vicende regionali. E lasciate che ve lo dica io, che alla Camera sono seduto accanto a lui. E vicino a De Luca». | |
Le borse mondiali non usciranno in tempi rapidi dalla fase orso di questi giorni. Ne sono convinti gli analisti contattati questa mattina da Finanza.com. La visione generale è che questa volta ci si trovi di fronte a qualcosa di più di una salutare correzione. E questo nonostante ci sia chi nel breve preveda un rimbalzo che potrà essere anche corposo.
“Il momento è molto pericoloso – spiega
Gli fa eco
Un parziale conforto viene dall’analisi grafica. Chiara Locati, analista di Twice Sim non esclude infatti un rimbalzo: “L’S&P/Mib ha testato il supporto a 39300 punti, se riesce a tenerlo – spiega - non è da escludere un rimbalzo tra i 40500 e i 41500 punti che potrebbe essere anche vivace, per poi aprire la strada a una probabile nuova puntata verso il basso con target di arrivo a 38mila punti. Con l’aumento della volatilità, così come il ribasso è avvenuto velocemente, altrettanto potrebbe esserlo il rialzo. Il mercato in questi anni è salito tanto, una correzione potrebbe essere protratta, mi aspetto instabilità”.
Il repricing del credito e la fine del denaro facile potrebbero dunque indebolire ulteriormente i listini. L’economia reale finora non ha dato segni di cedimento (per il Pil Usa in uscita oggi è previsto un +3,2%), ma rischi esistono anche su questo fronte. “Il rischio contagio – spiega Radaelli – esiste e si potrebbe assistere a un effetto ricchezza sui consumatori, come quello che, stando alla stampa statunitense, cominciano a segnalare le case automobilistiche”. Oltre che i consumi il passo successivo delle crisi immobiliari e del credito potrebbe vedersi nei bilanci delle aziende. “Si rischia il rallentamento dei risultati finanziari - spiega Noto - a causa dell’iscrizione di perdite finanziarie nei libri societari.