lunedì 25 febbraio 2008

Immobiliare Lombarda - www.codamil.wordpress.com

Oggi nasce un' associazione a cui ho dato il mio contributo
una "mini class action"

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sabato 23 febbraio 2008

immobiliare lombarda

Berlusconi rilancia il Ponte di Messina.
Il messaggio è chiaro specie per Benetton, Gavio e Ligresti. Se berlusconi vince .....i soldi arriveranno su Impregilo.
Sapete quale società di Ligresti è detentrice delle azioni di Igli (essendo Igli la scatola che è proprietaria di Impregilo)?
Immobiliare Lombarda , la società che Ligresti vorrebbe far sparire dalla borsa approfittando dei prezzi bassi in borsa.

venerdì 22 febbraio 2008

immobiliare lombarda

COMUNICATO STAMPA

CONSOB: ADUSBEF HA PRESENTATO L’ENNESIMO ESPOSTO-DENUNCIA ALLE PROCURE DELLA REPUBBLICA DI ROMA E DI MILANO, SULLA GRAVISSIMA VICENDA DI CARDIA JUNIOR, CONSULENTE STRAPAGATO DI FIORANI E LIGRESTI,SUI QUALI CARDIA SENIOR SI DOVRA’ PRONUNCIARE.
Adusbef, allegando l’articolo del settimanale l’Espresso in edicola ed alcuni ritagli del quotidiano La Repubblica, ha presentato l’ennesimo esposto denuncia alle Procure della Repubblica di Roma e di Milano, segnalando lo scandalo di un’autorità di vigilanza come la Consob presieduta da Cardia Senior,chiamata a decidere su assetti societari di Fiorani e Ligresti, con l’operato delle super pagate consulenze del Cardia Junior.
In un paese normale, quando non vengono smentiti articoli di stampa,pubblicati da La Repubblica o dal settimanale L’Espresso, dove l’avv. Marco Cardia, super-consulente della Banca Popolare di Lodi con 220.000 (duecentoventimila) euro l’anno, professionista di fiducia dell’Immobiliare Lombarda, la società quotata in Borsa e controllata da Ligresti che potrebbe diventare oggetto di un’Opa per consentire allo stesso Ligresti di avere il controllo totale della società, scattano volontarie dimissioni o la destituzione immediata da tutte le cariche ricoperte nella Consob.
In un Paese normale,dove era già lampante l’incompatibilità di papà Lamberto al vertice della Consob con la dorata consulenza elargita dal ragionier Fiorani al figlio Marco, diventa ancora più scandalosa,come ricostruisce l’Espresso, la designazione dell’avv. Marco Cardia nel comitato dell’Immobiliare Lombarda di tre professionisti che vigila sull'organizzazione societaria in base alla legge 231 del 2001 (responsabilità penale delle aziende).
Anche la Premafin, tra tanti professionisti con competenze in questo specifico settore, ha scelto proprio il figlio del presidente della Consob per affidargli un incarico nel comitato di controllo istituito dalla legge 231. Bussando alle porte del gruppo Ligresti l'avvocato Cardia è poi riuscito a soddisfare brillantemente le sue esigenze immobiliari. Da qualche tempo ha trasferito la sua residenza nel quartiere Parioli a Roma, in un elegante palazzo dato in affitto dalla Milano assicurazioni, controllata da Fondiaria-Sai. Ed è targata Ligresti anche la proprietà della sede milanese dello studio legale Cardia, non lontano dalla stazione Centrale.
Adusbef aveva già denunciato alla magistratura la girandola di nomine di Cardia Junior,senza destare alcun imbarazzo in Consob la notizia che il figlio del presidente era a libro paga della Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani per un incarico di consulenza da 220 mila euro all'anno. Fiorani, come noto, è poi finito nel mirino della magistratura penale e della stessa Consob per una serie di gravissime irregolarità. Adesso invece emergono i rapporti con Ligresti, uno dei 'grandi vecchi' della finanza nazionale, presente in alcuni degli snodi decisivi del potere economico, da Mediobanca, al Corriere della sera all'Unicredito.
E’ vero che nessuna legge vieta ai figli dei commissari Consob di accettare incarichi retribuiti da aziende sottoposte al controllo della Commissione,ma nel mondo della finanza,esistono norme che, in materia, fissano alcuni precisi principii in materia di incompatibilità. Il codice di autodisciplina delle aziende quotate, per esempio, prescrive che il consigliere di amministrazione di una società quotata in Borsa non può dirsi 'indipendente' se un suo parente stretto (figli compresi, ovviamente) "ha o ha avuto nell'esercizio precedente una significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale" con la società in questione o con un soggetto che la controlla.
Adusbef,oltre ad aver adito ancora una volta la magistratura,ha inviato una lettera al presidente Prodi, ai ministri del Governo dimissionario ed ai gruppi politici presenti in Parlamento,per evitare che il dottor Lamberto Cardia, possa continuare indisturbato nella sua opera, così come è previsto,a dimostrazione di una collusione, da un emendamento occultato nel decreto “milleproroghe”.

immobiliare lombarda

Immobiliare lombarda / Verso il delisting
Manovre in casa Ligresti
Il finanziere ridisegna le attività assicurative e immobiliari.
La Borsa è perplessa. Ora la palla va alla Consob guidata
da Cardia. Che rischia un conflitto di interessi in famiglia







dI VITTORIO MALAGUTTI


Nelle prossime settimane, quando il presidente della Consob Lamberto Cardia affronterà il corposo dossier del riassetto del gruppo Ligresti, non è escluso che si trovi ad incrociare un professionista dal cognome famigliare. Famigliare nel vero senso della parola, perché Marco Cardia, 44 anni, figlio del numero uno della Commissione di controllo sulla Borsa, vanta da anni stretti rapporti con le aziende del finanziere siciliano Salvatore Ligresti.

Cardia junior, tra l'altro, è un professionista di fiducia dell'Immobiliare Lombarda, la società quotata in Borsa controllata da Ligresti tramite Fondiaria-Sai. Partirà da qui, come annunciato nei giorni scorsi, l'operazione che dovrebbe ridisegnare l'organigramma del gruppo che fa capo alla holding Premafin. In breve, l'azionista di maggioranza lancerà un'Offerta pubblica d'acquisto sulla Immobiliare Lombarda, forte di patrimonio in palazzi e terreni valutato oltre 800 milioni oltre a quote importanti in alcuni progetti di sviluppo in aree urbane di grande pregio come Citylife e le Varesine a Milano, l'ex Manifattura Tabacchi a Firenze e Torre Spaccata a Roma.

Per comprare il 38,7 per cento del capitale che ancora non controlla, Fondiaria-Sai è pronta a spendere circa 230 milioni di euro. Ma il pagamento non sarà tutto in contanti. Anzi, i due terzi della somma verrebbero liquidati in azioni della Milano assicurazioni, che fa capo alla stessa Fondiaria. Insomma, carta contro carta, per un prezzo complessivo che - temono in molti - alla fine potrebbe rivelarsi inferiore alle attese degli investitori. La crisi mondiale del business del mattone ha picchiato duro sulle quotazioni borsistiche delle aziende del settore, precipitate ai minimi degli ultimi cinque anni. Da qui il sospetto diffuso che il socio di controllo voglia cogliere al volo l'occasione per scalare l'Immobiliare lombarda a prezzi di saldo per poi toglierla dal listino azionario.

Ancora non basta, perché Fondiaria Sai ha annunciato di essere intenzionata a cedere tre compagnie (Liguria, Sasa e Sasa vita) alla propria controllata Milano. Anche su questo affare in famiglia si allunga l'ombra di un potenziale conflitto d'interessi. E il fatto che per adesso non si conoscano i termini dell'operazione, cioè quanto verrà valutato il terzetto di società in vendita, certo non aiuta a risolvere dubbi e perplessità degli investitori. Molti di loro, tra l'altro, puntavano da tempo su una fusione tra Fondiaria e Milano che, invece, non sembra alle viste. Risultato: la delusione per le nozze sfumate si è espressa con una grandinata di vendite che ha colpito soprattutto la Milano.

Nel tentativo di rassicurare i mercati, nei giorni scorsi i vertici di Fondiaria-Sai, a cominciare dall'amministratore delegato Fausto Marchionni, si sono spesi con alcune dichiarazioni pubbliche per chiarire i termini dell'operazione. La sortita però, almeno per il momento, non ha dato i risultati sperati. E così, le carte del complicato e controverso riassetto del gruppo Ligresti si avviano a passare al vaglio della Consob gravate del giudizio negativo espresso dal mercato. A cui adesso potrebbero aggiungersi altri interrogativi legati alla singolare posizione in cui si è venuta a trovare la famiglia del presidente della Commissione di controllo.

A Cardia padre, nel suo ruolo istituzionale, toccherà valutare l'operazione sul piano della trasparenza e dell'informativa al mercato. Suo figlio invece finirà per diventare parte in causa di quella stessa girandola societaria. Cardia junior infatti, che di mestiere fa l'avvocato, è stato designato dall'Immobiliare Lombarda nel comitato di tre professionisti che vigila sull'organizzazione societaria in base alla legge 231 del 2001 (responsabilità penale delle aziende). Anche la Premafin, tra tanti professionisti con competenze in questo specifico settore, ha scelto proprio il figlio del presidente della Consob per affidargli un incarico nel comitato di controllo istituito dalla legge 231. Bussando alle porte del gruppo Ligresti l'avvocato Cardia è poi riuscito a soddisfare brillantemente le sue esigenze immobiliari. Da qualche tempo ha trasferito la sua residenza nel quartiere Parioli a Roma, in un elegante palazzo dato in affitto dalla Milano assicurazioni, controllata da Fondiaria-Sai. Ed è targata Ligresti anche la proprietà della sede milanese dello studio legale Cardia, non lontano dalla stazione Centrale.

Sulla carta è tutto in regola. Nessuna legge vieta ai figli dei commissari Consob di accettare incarichi retribuiti da aziende sottoposte al controllo della Commissione. Nel mondo della finanza, però, esistono norme che, in materia, fissano con precisione alcuni principii in materia di incompatibilità. Il codice di autodisciplina delle aziende quotate, per esempio, prescrive che il consigliere di amministrazione di una società quotata in Borsa non può dirsi 'indipendente' se un suo parente stretto (figli compresi, ovviamente) "ha o ha avuto nell'esercizio precedente una significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale" con la società in questione o con un soggetto che la controlla. Viene da chiedersi, allora, se le stesse garanzie di indipendenza non debbano valere, a maggior ragione, anche per i cinque commissari dell'Authority di controllo sui mercati.

Nei mesi scorsi aveva già provocato qualche imbarazzo ai piani alti della Commissione la notizia che il figlio del presidente era a libro paga della Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani per un incarico di consulenza da oltre 200 mila euro all'anno. Fiorani, come noto, è poi finito nel mirino della magistratura penale e della stessa Consob per una serie di gravissime irregolarità. Adesso invece emergono i rapporti con Ligresti, uno dei 'grandi vecchi' della finanza nazionale, presente in alcuni degli snodi decisivi del potere economico, da Mediobanca, al Corriere della sera all'Unicredito.

Va detto che l'avvocato Cardia si trova in buona compagnia. L'Immobiliare Lombarda, una società di modeste dimensioni con meno di 600 milioni di capitalizzazione borsistica, viene gestita da uno dei consigli di amministrazione più affollati della Borsa italiana. L'organismo presieduto da Paolo Ligresti, con suo padre Salvatore alla presidenza onoraria, può contare su 20 membri, un numero di componenti pari a quello del board delle Generali, mentre colossi come la Fiat o Mediaset non vanno oltre i 15 amministratori ciascuno.

Nel consiglio dell'Immobiliare lombarda hanno trovato posto una pattuglia di amici, parenti e figli di vip. Tutti in possesso, a quanto pare, dei requisiti e delle competenze necessari per partecipare alla gestione di una società quotata. Accanto all'amministratore delegato Antonio Talarico, vera mente strategica del business immobiliare del gruppo, troviamo l'avvocato Luigi Pisanu, 36 anni, consigliere comunale di Forza Italia a Sassari nonché figlio dell'ex ministro degli Interni, Giuseppe. Nel lungo elenco degli amministratori di Immobiliare Lombarda compare l'ex senatore democristiano Vincenzo La Russa, esponente della famiglia siciliana da sempre legata ai Ligresti e fratello del più noto Ignazio, il presidente dei deputati di Alleanza nazionale. Di area An è anche il vicepresidente di Immobiliare Lombarda Massimo Pini, già socialista craxiano e poi braccio destro dell'ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri. Si è guadagnato una poltrona nel board anche Carlo Micheli, erede del finanziere Francesco che cinque anni fa ebbe un ruolo decisivo nella scalata in Borsa che portò la Sai alla fusione con Fondiaria.

Giulia e Jonella Ligresti, le figlie del fondatore ambedue impegnate nelle aziende di famiglia, non sono invece presenti nel consiglio dell'Immobiliare Lombarda. In compenso hanno trovato posto i loro mariti. Quello di Jonella, cioè Luca De Ambrosis, che gestisce anche altre società immobiliari del gruppo. E il bresciano Omar Bonomelli, 32 anni, che condivide con la moglie Giulia Ligresti anche la passione per l'equitazione. Entrambi, più volte convocati in nazionale, sono considerati tra i migliori specialisti italiani di questo sport olimpico.

Un parterre tanto affollato basta e avanza per spiegare l'ironia che circola in Borsa, dove qualche operatore, scherzando ma non troppo, va dicendo che l'effetto più evidente dell'Opa annunciata nei giorni scorsi sarà la scomparsa di una ventina di poltrone eccellenti. In effetti, l'Immobiliare Lombarda si muove già come un'appendice di Fondiaria-Sai, di cui amministra l'imponente patrimonio immobiliare. Il portafoglio in gestione, del valore di oltre 3 miliardi di euro, comprende gioielli di gran pregio come la Torre Velasca nel centro di Milano, ceduta dalla Ras cinque anni fa, e la galleria San Federico in piazza Castello a Torino.

Buona parte dei ricavi della società guidata dall'amministratore delegato Talarico derivano dalla vendita di palazzi e terreni alla stessa Fondiaria o ad altre consociate. Nell'ultima relazione semestrale, quella chiusa al giugno del 2007, circa 54 milioni di euro su incassi complessivi di 85 milioni erano classificati alla voce 'parti correlate', cioè erano il frutto di operazioni con altre società dello stesso gruppo. Tra l'altro erano stati ceduti a Fondiaria-Sai palazzi nel centro di Milano (via Torino e via Larga) per un valore complessivo di circa 42 milioni. E pochi mesi fa un altro immobile di pregio a Milano è stato girato per 25 milioni al fondo immobiliare Tikal, che è gestito da Sai investimenti, anche questa targata Ligresti.

Insomma, un gran via vai di scambi sempre sotto lo stesso tetto. C'è poco da sorprendersi, allora, se adesso i vertici del gruppo decidono di spegnere una volta per tutte le insegne della propria controllata per assorbirne il portafoglio in terreni e palazzi e l'attività di gestione. Le condizioni di mercato sono quantomai favorevoli. Dai massimi della primavera 2007, l'Immobiliare Lombarda è arrivata a perdere oltre la metà del proprio valore di Borsa. Un'occasione d'oro per liquidare i soci di minoranza e togliere dal mercato la società una volta per tutte. Se le perplessità degli investitori verranno superate e l'Opa andrà a buon fine, Ligresti sarà riuscito a chiudere il cerchio.

L'Immobiliare Lombarda, infatti, nacque nel 1999 da una costola della Premafin per sistemare una complessa partita debitoria. A prendere il controllo del nuovo veicolo societario furono alcuni grandi istituti come Unicredito, Banca Intesa e Capitalia. Nel 2005 Ligresti riconquistò la quota di maggioranza pagandola con un pacchetto di immobili. Tempo un paio di anni e siamo arrivati al capitolo finale. Adesso tocca agli azionisti di minoranza farsi da parte. L'Immobiliare Lombarda torna un affare di famiglia. n




Un grande futuro alle spalle

Quando poco più di un anno fa i vertici di Immobiliare Lombarda presentarono i loro piani di sviluppo si sprecarono i grandi numeri sul futuro della società. C'è la prospettiva concreta, spiegarono i manager guidati dall'amministratore delegato Antonio Talarico, di riuscire a costruire oltre un milione di metri cubi sui terreni di proprietà. Senza contare la partecipazione ai grandi progetti di sviluppo nelle aree urbane (Citylife e Varesine a Milano, Manifattura Tabacchi a Firenze, le Torri dell'Eur a Roma) che dovevano fruttare, nei piani della società, oltre 4,5 miliardi di ricavi. A fine febbraio 2007, Immobiliare Lombarda ha inoltre comprato una partecipazione del 33,3 per cento di Igli, la finanziaria a cui fa capo la quota di controllo dell'impresa di costruzioni Impregilo. A quest'ultima operazione si sono associati anche il gruppo Gavio e i Benetton spartendosi in parti uguali il residuo 66,6 del capitale di Igli. Tra tanti progetti sembrava davvero che l'Immobiliare Lombarda fosse destinata a trasformarsi nella punta di diamante del business del mattone targato Ligresti. Dopo 12 mesi, l'orizzonte appare completamente cambiato. La società milanese si avvia addirittura a chiudere i battenti. Che fine faranno le sue attività? Anche questo è un punto, tra i tanti, che i vertici del gruppo Ligresti non hanno chiarito annunciando l'Opa su Immobiliare Lombarda. Sembra probabile che buona parte dei palazzi e dei terreni finiscano in portafoglio a Fondiaria. Altri pezzi più o meno pregiati verrano invece girati a fondi immobiliari come Tikal, gestito dal gruppo Fondiaria. C'è grande incertezza, invece, sul destino delle quote di partecipazione nei progetti di sviluppo delle aree urbane. Resteranno per intero a Fondiaria oppure arriveranno nuovi soci? E a che prezzo? Risposte chiare per ora non ce ne sono. L'unica certezza è che in
una simile operazione, tutta interna allo stesso gruppo, sarà difficile districarsi tra tanti potenziali conflitti d'interessi.

immobiliare lombarda - lettera di 2 cari amici a cui mi associo

Via fax 02-312055

Spettabile Redazione de
Il Sole 24 Ore
"lettere al Sole 24 Ore"
Via Monte Rosa, 91
20149 Milano

Verona, 20 febbraio 2008

Oggetto: articolo su Il Sole 24 Ore n.50 del 20.2.2008, pag. 43.

Abbiamo letto attentamente l'articolo dal titolo "I Riflettori sui Ligresti alla prova dei numeri", a firma "A. Grass.", riguardante l'OPAS su Immobiliare Lombarda, cui siamo interessati in quanto azionisti di minoranza. Desideriamo formulare al riguardo i seguenti rilievi:

- tra le critiche che il giornalista ritiene infondate vi è quella secondo cui "la famiglia Ligresti avrebbe lasciato scivolare il titolo Immobiliare Lombarda in borsa per comprare le quote di minoranza a sconto", che non par essere né tra le più gettonate dai critici, né tra le più motivate;

- quello che lascia assai perplessi è la motivazione sulla cui base il giornalista sostiene l'infondatezza di tale critica: Immobiliare Lombarda avrebbe registrato - nell'ultimo anno borsistico - un andamento dei prezzi analogo a quello degli altri immobiliari italiani (ed europei), cosa abbastanza evidente;

- curioso è che il giornalista, che con dovizia si applica al calcolo delle perfomances dell'ultimo anno, non faccia altrettanto con quelle degli anni precedenti, con ciò tacendo che le citate Pirelli RE, IGD, Risanamento, Aedes e compagnia nell'anno precedente (cioè nel 2006) hanno tutte registrato performances ragguardevoli, che hanno spinto i corsi in prossimità dei massimi storici;

- ne deriva che, per tali titoli, la rovinosa discesa del 2007 iniziava all'incirca dalla quota massima raggiunta dai prezzi, mentre nel caso di Immobiliare Lombarda iniziava da una quotazione attorno ai 21 centesimi, inferiore di circa 1/3 rispetto ai massimi assoluti;

- ciò è coerente con le sensazioni - espresse innumerevoli volte nei noti forum online dagli azionisti IML - di un'azionista di controllo che quasi pareva compiacersi del deludente andamento delle quotazioni;

- per quanto concerne la seconda delle critiche oggetto di censura da parte del giornalista, che vorrebbe apparire obiettivo, l'articolo riporta il rapporto price/net asset value delle medesime società di cui sopra (e di due società europee, tra cui un REIT britannico): il giornalista non dice che il patrimonio di Immobiliare Lombarda NON è stato oggetto di perizia da parte di analisti indipendenti, quantomeno non di perizie rese pubbliche, al contrario di quanto accade per le altre società del raffronto;

- facciamo infine un'ultima osservazione, che fotografa un dato di fatto confermato anche dal Vostro articolo: nonostante che tutti i titoli del confronto quotino intorno ai propri minimi storici e tutti abbiano un'azionista di controllo, solo Fondiaria-Sai (controllata dalla famiglia Ligresti tramite Premafin spa) ha promosso un'offerta finalizzata al delisting della immobiliare controllata, mentre simili ipotesi sono state oggetto di convinte smentite da parte dei controllanti delle società oggetto di raffronto.
Con l'auspicio della pubblicazione. I migliori saluti.

venerdì 1 febbraio 2008

basicnet; Boglione belle parole

Fonte: Futura - pag. 2
31/01/2008

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Se l’imprenditore è una garanzia


Nell’industria di oggi non esiste una sola etica, ma ne esistono due. Una è quella dell’impresa che ha al centro un imprenditore in carne ed ossa, mentre l’altra è quella dell’azienda che non ce l’ha. C’è una grandissima differenza, perché quando ci sono gli uomini con delle facce (e non solo delle facciate di palazzi) a prevalere è la loro stessa etica. Sono persone che hanno immaginato e costruito la loro azienda, che amano quello che fanno e amano quelli con cui lo fanno. Amano l’azienda. Fino a quando al vertice c’è un individuo, l’etica è filtrata dai suoi valori. Sono convinto che se una persona non è fatta così, se non ha in sé certi principi morali, non riuscirà mai a fare l’imprenditore nel vero senso della parola. Magari sarà in grado di fare soldi, ma non costruirà mai un’impresa, non convincerà tre persone a diventare mille. Credo anche che le aziende, oggi, abbiano un’elevatissima importanza sociale e che sia giusto che, a un certo punto, si stacchino dal singolo proprietario per diventare pubblic company, imprese pubbliche. Tuttavia, quando ciò accade è necessario che il senso etico della persona-imprenditore sia sostituito da appositi codici che ne regolino le attività in ogni singolo settore. Le industrie sanno di avere limiti di controllo, soprattutto quando, attraverso degli intermediari, affidano la produzione a paesi emergenti. È lì che intervengono i codici di autodisciplina: l’azienda lo deve insegnare alle persone con cui si rapporta, deve inserire clausole di rescissione nei loro contratti se le regole non vengono rispettate. Eventualmente deve sporge denuncia. Se vendi un prodotto, lo marchi, lo pubblicizzi, i tuoi valori vengono trasferiti su quel prodotto, nel bene o nel male. Un tempo le aziende erano verticali: al piano di sopra c’era la tessitura, sotto il taglio, poi c’era chi cuciva, controllava, stoccava. L’etica era tutta lì, in quella struttura così compatta. Oggi, invece, gli operai sono in tutto il mondo, cambiano ogni sei mesi. Eppure il prodotto deve essere garantito allo stesso modo in ogni passaggio della filiera. Nel 1999 i produttori, le organizzazioni sindacali e l’Onu hanno stilato un codice di autodisciplina contro lo sfruttamento e per il rispetto dei diritti umani dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo. È un sistema di regole che noi, come Basicnet, applichiamo in tutto e per tutto. Tutte le grandi aziende applicano questo insieme di norme condivise. Chi non segue questi principi lo fa perché dispone di un proprio codice ancora più rigoroso. L’etica interessa tutta una serie di aspetti della vita aziendale. Il dilemma più tipico è il rispetto della legge. Esistono paesi in cui il rigore amministrativo e fiscale è ancora una scelta, mentre in altri è la norma. Negli Stati Uniti chi non paga le tasse è considerato un poco di buono, non un furbo. Rispettare le regole significa credere nella forza dell’azienda, nelle sue capacità di essere competitiva. C’è anche chi fa un uso distorto dell’etica, legandola alle vendite. Ci sono industrie che promuovono iniziative del tipo “se compri questa maglietta doni un euro a qualcuno”. È sbagliato. Come si dice, la carità si fa pure che non si sappia. Altrimenti non è carità, ma pubblicità fatta sulla pelle dei poveracci. Investire nell’etica non significa prevenire eventuali danni di immagine, ma anzi vuol dire impegnarsi affinché i problemi non si manifestino mai. Non occorre impiegare risorse ed energie in strategie difensive, perché investire sull’etica paga, soprattutto nel lunghissimo termine. Paga e strapaga. Non ha senso dire ad un ragazzo “non drogarti perché poi i tuoi genitori ti sgridano”, lui non deve farlo perché distrugge la propria salute. Lo stesso discorso può essere fatto ad un’impresa: bisogna avere una condotta morale impeccabile perché in ballo c’è la salute dell’azienda e non perché altrimenti si infrangerebbero le regole. I principi morali valgono anche nel rapporto con i propri dipendenti. Recentemente Walter Veltroni ha detto: “L’imprenditore è un lavoratore”. Qualcuno ne dubitava? Forse c’è ancora qualcuno che crede che sia uno sfruttatore, un furbacchione. Invece è un lavoratore con una grande responsabilità sociale ed una forte tensione emotiva. Alle scuole elementari dovrebbero insegnare che fare l’imprenditore è figo, e non solo che lo è fare il calciatore, il politico, il cantante o la velina. Bisogna evitare le contrapposizioni perché dirigente e operaio devono sentirsi sulla stessa barca e lavorare per farla funzionare meglio.
Marco Boglione Presidente di BasicNet