domenica 28 ottobre 2007

Contribuenti in allerta: da lunedì 29 ottobre 2007 via libera alle indagini finanziarie mirate.

Contribuenti in allerta: da lunedì 29 ottobre 2007 via libera alle indagini finanziarie mirate. Con la possibilità per gli 007 del fisco di interrogare direttamente e immediatamente il c.d. "Archivio dei rapporti con gli operatori finanziari", l'utilizzo dell'accertamento bancario rischia di essere ancora più penetrante ed efficace. Se il fisco punta con decisione a questa azione di contrasto i contribuenti dovranno munirsi di tutte le precauzioni e gli strumenti, giuridicamente consentiti, per evitare spiacevoli sorprese. La banca dati che si apre agli ispettori tributari, contiene oltre 450 milioni di rapporti (si veda ItaliaOggi del 24 ottobre scorso) ed è costruita ed aggiornata sulla base delle comunicazioni effettuate all'anagrafe tributaria dagli operatori finanziari ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del dpr n. 605/1973. Al suo interno, ordinati in base al codice fiscale del soggetto sia esso persona fisica o meno, è contenuto un vero e proprio censimento dei più disparati rapporti intrattenuti dai contribuenti. Il vero "pericolo" per i contribuenti si annida sostanzialmente in due direzioni: il censimento da parte del fisco anche delle c.d. operazioni fuori conto o extra-conto e la retroattività dell'eventuale accertamento bancario.Le operazioni fuori conto consistono in tutti quei rapporti, spesso di tipo spot, che un soggetto può effettuare per le più disparate finalità ma che, proprio perché non transitate all'interno della ordinaria rendicontazione bancaria possono apparire, perlomeno in prima battuta, più sospette a un verificatore esterno e allo stesso tempo più difficili da "ricostruire" da parte del soggetto che le ha poste in essere. Fra queste operazioni ricordiamo per esempio il cambio assegni, la richiesta di emissione di assegni circolari dietro presentazione di altri titoli o di denaro contante, l'acquisto di valuta estera etc.Naturalmente tenuto conto della forza probatoria attribuita alle indagini bancarie condotte nei confronti dei soggetti titolari partita Iva e dei soggetti a essi legati da vincoli di parentela e coniugio, il consiglio è quello di limitare al massimo tali operazioni e comunque conservare sempre, per quanto possibile, memoria anche documentale dell'operazione compiuta. Peraltro l'estensione degli obblighi di natura finanziaria e delle presunzioni relative alle somme transitate sui conti correnti anche per gli esercenti attività professionale estende la platea dei soggetti a rischio e per i quali la mancata o insufficiente possibilità di provare il contenuto di queste operazioni, riconducendole più o meno direttamente ai movimenti della contabilità, può costituire facile eccezione da parte degli organi verificatori.Più l'amministrazione finanziaria ha facilità e rapidità d'accesso ai rapporti bancari e finanziari del contribuente, più l'utilizzo di questa particolare modalità di accertamento può essere invasiva soprattutto se combinata da altre forme di ricostruzione più o meno indirette del giro d'affari o del reddito del contribuente.Si pensi ad esempio alla combinazione di strumenti quali il redditometro o gli studi di settore con una successiva indagine finanziaria a 360 gradi sui rapporti che il contribuente e i suoi parenti più stretti intrattengono con banche, società finanziarie, società fiduciarie e altri soggetti.Di fronte alle presunzioni, generalmente semplici, degli strumenti sintetici o induttivi di determinazione del reddito, la presenza all'interno dello stesso periodo d'imposta di movimentazioni in entrata sui conti correnti o di operazioni di sportello per le quali il contribuente, magari a distanza di qualche anno, non riesce a fornire idonea giustificazione anche documentale, può rafforzare l'attività istruttoria del fisco e sfociare in un atto di accertamento difficilmente contrastabile in contraddittorio prima e in contenzioso dopo. In questo senso merita ricordare che la circolare n. 32/E del 19 ottobre 2006 ha chiarito che: "La nuova strumentazione è rivolta a una attività di selezione preventiva al fine di dimensionare più precisamente le indagini e, quindi, di consentire, anche in funzione del rispetto della privacy dei contribuenti, agli uffici procedenti, almeno tendenzialmente, di coinvolgere solo gli intermediari che hanno intrattenuto rapporti con i contribuenti medesimi".Le informazioni contenute nell'archivio saranno utilizzate quindi per le richieste di dati, notizie e documenti di cui all'articolo 32, primo comma, numero 7 del dpr n. 600/73 ai fini delle imposte sui redditi nonché, in materia di imposta sul valore aggiunto, per le stesse richieste effettuate ai sensi dell'articolo 51, secondo comma, numero 7 del dpr n. 633/72.Tornando alle cautele che i contribuenti dovranno ancor di più adottare nel prossimo futuro per contrastare quello che potrebbe essere un vero e proprio tiro incrociato del fisco, occorre ricordare che all'interno dell'archivio dei conti correnti, l'amministrazione finanziaria dispone già di tutte quelle informazioni che consentono di individuare soggetti collegati o collaterali ai rapporti in essere. Si pensi ad esempio alle c.d. deleghe di firma, strumento frequentemente utilizzato per poter movimentare conti correnti intestati ad altri soggetti o ancora alla cointestazione a più soggetti di un medesimo rapporto. In tutte queste ipotesi, d'ora in avanti, nessuno potrà più "bleffare" di fronte agli ispettori fiscali per i quali dette situazioni saranno già note ancor prima che il soggetto passivo possa sospettarlo o averne espressa menzione.Si chiude quindi un cerchio attorno ai contribuenti. La manovra è iniziata con il dl 223/06, la c.d. Visco-Bersani, e si concluderà lunedì prossimo quando le chiavi dell'archivio unico dei conti correnti bancari saranno a disposizione dei funzionari dell'Agenzia delle entrate e dei militari della Guardia di finanza. Tracciabilità degli incassi e dei pagamenti, obbligatorietà della tenuta di uno o più conti correnti dedicati per l'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, obbligo di indicazione negli atti di compravendita dei titoli e dei mezzi di pagamento, tutto conduce attorno ad un unico risultato: sempre più difficoltoso se non impossibile utilizzare il denaro contante per effettuare pagamenti o per riscuotere prestazioni.E non sono solo i conti bancari o postali che possono dare dispiaceri ai contribuenti. Sotto la lente del grande fratello fiscale, ossia della banca dati dei movimenti finanziaria contenuta nell'anagrafe tributaria, ci sono anche le operazioni fatte con le società di leasing, con le società finanziarie, con le fiduciarie, con le Sicav, con le Sgr e con tutto il mondo degli intermediari finanziari in genere. Si pensi ad esempio alle particolari comunicazioni che la circolare n. 18/E del 2007 ha previsto per le holding di partecipazioni, iscritte nella sezione speciale ai sensi dell'articolo n. 113 del Tub. Esse devono infatti comunicare all'anagrafe tributaria: partecipazioni detenute, finanziamenti ricevuti dai soci, prestiti obbligazionari, garanzie rilasciate. Particolari tipologie di rapporto sono oggetto di comunicazione anche da parte delle società di leasing per quanto riguarda eventuali cessioni anticipate del contratto, subentri etc.Niente insomma sembra poter più sfuggire e l'aspetto peggiore, per il contribuente, è che il fisco potrà ottenere tutte queste informazioni con estrema semplicità decidendo poi, in un momento successivo, come agire e su quali strumenti o rapporti puntare il dito.Restano comunque tutta una serie di garanzie e tutele a protezione dei soggetti passivi fra le quali ricordiamo le particolari modalità di accesso e di trattamento dei dati contenuti nella c.d. anagrafe dei conti correnti. Le regole in materia sono le seguenti:· Per l'accesso dei dipendenti dell'Agenzia delle entrate, l'autorizzazione del direttore centrale accertamento o del direttore regionale mentre per gli appartenenti al corpo della Guardia di finanza sarà necessaria l'autorizzazione del comandante regionale;· Per il trattamento dei dati il provvedimento del 19 gennaio 2007 ha precisato che le notizie contenute nella banca dati saranno trattate esclusivamente dal personale dell'amministrazione finanziaria incaricato dei controlli;· Per quanto riguarda l'accesso alla banca dati da parte degli agenti della riscossione invece, le informazioni relative all'esistenza e alla natura dei rapporti finanziaria dei contribuenti saranno dagli stessi utilizzabili solo ai fini della riscossione tramite ruolo o previa autorizzazione rilasciata dai direttori generali degli agenti della riscossione.Descritto lo scenario non resta che provare a dare alcuni suggerimenti. I più scoperti di fronte agli accessi bancari sono storicamente i soggetti in contabilità semplificata e i liberi professionisti. È necessario che questi contribuenti contabilizzino e tengano conto e documentazione di ogni movimentazione effettuata sia sui conti correnti dell'attività che sui conti per i quali hanno delega ad operare o altri tipi di accesso. Utilizzare sempre di più e con più frequenza strumenti di facile e sicura tracciabilità che consentono, anche in ipotesi di spese a carattere familiare ed extra-attività lavorativa, di potersi giustificare di fronte al fisco quali: carte di credito, bancomat, ricevute bancarie, bonifico, assegni etc..L'home banking è un altro strumento che grazie alla flessibilità e alla facilità e comodità di utilizzo, nonché ai bassi costi d'impiego, può rivelarsi estremamente utile al proposito.A questo punto per chi vuole dormire sonni tranquilli sembrano esserci una sola soluzione: aprire un conto corrente presso una banca svizzera. Come si suole dire "uomo avvisato, mezzo salvato.





sabato 27 ottobre 2007

MFID

MIFID

La consulenza in materia di investimenti rappresenta oggi un servizio accessorio che può essere prestato da chiunque, persona fisica o giuridica, senza alcuna preventiva autorizzazione.

A seguito dell’applicazione in Italia della Direttiva MIFID 2004/39/CE, prevista nel termine del 1° novembre 2007, la consulenza in materia di investimenti tornerà ad essere considerata quale servizio di investimento che potrà essere prestato solo dagli intermediari abilitati muniti di specifica autorizzazione amministrativa.

In sostanza, il legislatore comunitario, preso atto della rilevanza e della “potenziale rischiosità” insita nel servizio di consulenza in materia di investimenti, ha ritenuto di riservare l’esercizio di tale attività agli intermediari abilitati, sottoposti a specifiche disposizioni in materia di autorizzazione e regole di condotta applicabili nell’esercizio dell’attività.

C’è da chiedersi, in attesa dei provvedimenti di attuazione da parte del legislatore italiano, quali saranno i precisi confini della definizione dell’attività di consulenza, quali saranno i soggetti che potranno prestare tale attività e, non da ultimo, quali saranno le principali condizioni di esercizio e regole di comportamento.

La Direttiva MIFID 2004/39/CE definisce l’attività di consulenza in materia di investimenti come “la prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell’impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari” (cfr. art. 4, paragrafo 1, punto 4, Direttiva MIFID 2004/39/CE).

L’elemento caratterizzante dell’attività di consulenza in materia di investimenti è la “personalizzazione”.

Affinché si possa parlare di consulenza è necessario che la “raccomandazione personalizzata” sia diretta ad uno specifico investitore, deve essere basata sulle caratteristiche specifiche della persona e deve avere ad oggetto una specifica operazione di investimento in strumenti finanziari (cfr. art. 52 dalla Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Non costituisce consulenza in materia di investimenti, la consulenza in merito a strumenti finanziari fornita in un quotidiano, giornale, rivista o qualsiasi altra pubblicazione destinata al pubblico indistinto (incluso Internet), ovvero attraverso trasmissioni televisive o radiofoniche (cfr. considerando n. 79 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Al pari, una consulenza “generica” in merito ad un tipo di strumento finanziario non è consulenza sottoposta a riserva di attività, ciò in quanto la consulenza in materia di investimenti quale servizio di investimento deve avere ad oggetto specifici e determinati strumenti finanziari (cfr. considerando n. 81 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Occorre poi considerare, che la Direttiva 2004/39/CE non si applica “alle persone che forniscono consulenza in materia di investimenti nell’esercizio di un’altra attività professionale” non espressamente disciplinata dalla stessa direttiva, a condizione però che “tale consulenza non sia specificamente rimunerata” (cfr. art. 2, paragrafo 1, lett. j) della Direttiva 2004/39/CE).

Individuata in tal modo la definizione dell’attività di consulenza, è opportuno chiarire quali soggetti potranno essere autorizzati a prestare tale attività riservata. In primo luogo è necessario chiarire che i soggetti, persone fisiche o giuridiche, che presteranno attività di consulenza saranno riconosciuti quali imprese di investimento e saranno soggetti ai requisiti iniziali previsti per la prestazione dei servizi di investimento (artt. 5-15 della Direttiva MIFID 2004/39/CE).

Al fine di evitare oneri eccessivi a carico dei consulenti, è peraltro previsto un regime di adeguatezza speciale per i soggetti che presteranno esclusivamente il servizio di consulenza in materia di investimenti.

Le imprese di investimento organizzate in forma societaria dovranno avere un capitale iniziale di almeno 50.000 euro, mentre le persone fisiche dovranno sottoscrivere idonea polizza assicurativa contro la responsabilità derivante da negligenza professionale, con copertura assicurativa di almeno 1.500.000 euro all’anno e di almeno 1.000.000 euro per ciascuna richiesta di indennizzo (cfr. art. 67, paragrafo 3, della Direttiva MIFID 2004/39/CE).

Numerose polemiche aveva suscitato il disegno di legge n. 1014 approvato dal Senato in cui si limitava l’esercizio dell’attività di consulenza in materia di investimenti alle banche ed ai soggetti costituiti in forma di società per azioni, escludendo di fatto le persone fisiche.

Siffatta limitazione era in contrasto con quanto previsto dalle Direttive MIFID e rischiava di escludere i c.d. consulenti indipendenti rimunerati a parcella (c.d. “fee only”). Il disegno di legge n. 1014 è stato prontamente emendato ed è stata prevista la possibilità per le persone fisiche di prestare il servizio di consulenza, a condizione che siano in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia e la Consob.

Nell’esercizio della loro attività tutti i consulenti saranno chiamati al puntuale rispetto delle regole di comportamento che prevedono, tra l’altro, obblighi specifici in materia di identificazione e comunicazione ai clienti delle ipotesi di conflitti di interesse (cfr. art. 18 Direttiva MIFID 2004/39/CE), nonché specifici obblighi in relazione alle informazioni che il consulente è tenuto ad acquisire dal cliente per essere in grado di raccomandare strumenti finanziari adatti al clienti stessi ed adeguati al loro profilo (cfr. art. 19, paragrafo 4 Direttiva MIFID 2004/39/CE).

E’ importante notare che nel caso in cui il consulente non ottenga dal cliente le informazioni circa conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, situazione finanziaria ed obiettivi di investimento, il consulente stesso dovrà astenersi dal prestare attività di consulenza in materia di investimenti (cfr. art. 19, paragrafo 4, della Direttiva 2004/39/CE - art. 35, paragrafo 5, della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

Distinta dall’attività di consulenza in materia di investimenti è l’attività di studio, ricerca ed analisi in materia di investimenti, attività qualificata dalla Direttiva MIFID 2004/39/CE come servizio accessorio, non sottoposta ad autorizzazione né a riserva di attività.

L’attività di ricerca ed analisi è il servizio che ha ad oggetto “ricerche o altre informazioni che raccomandino o suggeriscano, esplicitamente o implicitamente, una strategia di investimento, riguardante uno o diversi strumenti finanziari o gli emittenti di strumenti finanziari, compresi i pareri sul valore o il prezzo attuale o futuro di tali strumenti, destinate a canali di distribuzione o al pubblico, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) esse vengano designate o descritte come ricerca in materia di investimenti (…) b) se la raccomandazione in questione venisse fatta dall’impresa di investimento ad un cliente, non costituirebbe consulenza” (cfr. art. 24 della Direttiva MIFID 2006/73/CE).

L’attività di studio, ricerca ed analisi in materia di investimenti è considerata dalla Direttiva MIFID quale sottocategoria delle raccomandazioni di investimento disciplinate dal legislatore comunitario con la Direttiva 2003/125/CE, recepita dal legislatore italiano con la l. 18 aprile 2005, n. 62 il cui art. 9 ha modificato la disciplina delle comunicazioni al pubblico di cui all’art. 114 del d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 (T.U.F.).

Lo stesso art. 114 del T.U.F. è stato successivamente modificato dalla l. 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d. Legge Risparmio”). A tali modifiche della normativa primaria, è seguita poi la modifica dell’art. 69 del Regolamento Consob n. 11971/1999 (c.d. “Regolamento Emittenti”).

Le “raccomandazioni” di cui alla Direttiva 2003/125/CE e le “ricerche in materia di investimenti” di cui alla Direttiva MIFID sono in un rapporto di genere a specie.

Le caratteristiche proprie della ricerca in materia di investimenti, che la distinguono dalla consulenza sono: la destinazione al pubblico (non quindi al singolo cliente), la riconoscibilità quale ricerca in materia di investimenti e l’inidoneità ad essere qualificata quale consulenza in quanto non “costruita su misura” di un singolo cliente.

E’ importante considerare che la prestazione del servizio di studi, ricerche ed analisi finanziarie, laddove sia svolta da imprese di investimento unitamente ad altri servizi di investimento, è sottoposta alla regolamentazione citata in precedenza in materia di conflitti di interesse e informazioni da ricevere e fornire ai clienti (artt. 18 e 19 della Direttiva MIFID 2004/39/CE).

L’attività di ricerca ed analisi indipendente e specialistica svolta da soggetti che non sono imprese di investimento, non è invece soggetta ai suddetti obblighi in quanto esula dal campo di applicazione della Direttiva 2004/39/CE.

La prossima settimana ci occuperemo delle regole di comportamento che gli intermediari devono rispettare nei rapporti con i clienti e delle distinzioni tra clienti al dettaglio, clienti professionali e controparti qualificate.

venerdì 19 ottobre 2007

governo di M... e solito Str...

Una proposta di legge simile si è vista solo nelle dittature.


Ecco quello che ho trovato sul sito di Beppe Grillo
Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.
La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.
I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.
L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete.
Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog?
La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile.
Il 99% chiuderebbe.
Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.
Il disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”.
Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili.
Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia.
Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.